JOHN GARCIA – John Garcia
John Garcia non riesce proprio a stare fermo, e così dopo il disco del progetto Visto Chino uscito nel 2013, eccolo pubblicare il suo primo lavoro solista, accompagnato comunque da personaggi che lo hanno già affiancato nel corso della carriera (a parte il solito Nick Olivieri, troviamo anche Dave Angstrom e Dandy Brown di provenienza Hermano, tra gli altri). L’album dei Vista Chino era in tutto e per tutto un tributo ai Kyuss, mentre qui John si “stacca” in parte dal modello originario, puntando sul lato dell’impatto stoner desert, tralasciando quello liquido psichedelico, e pubblicando un album che alla fine dell’anno sarà presente nelle top list di ogni fan del genere.
Complice la produzione perfetta e l’azzeccata scelta dei suoni (al contrario di quelle dei Vista Chino), il disco ha una potenza fragorosa, come si evince già a dall’opener “My Mind”, perfetto anthem desert rock che da subito mette in chiaro le cose. L’album procede fra canzoni dotate di un tiro e groove pazzeschi (“Flower” e “Argleben” echeggiano certe cose dei migliori The Cult, amplificandone la potenza) ad altre midtempo caratterizzate da continue esplosioni come “Rolling
Stoned”, “The Blvd” e “5000 Miles”. “Confusion” è polverosa quanto una strada che attraversa il deserto dopo una tempesta di sabbia, e si basa su una chitarra ultraslow che raggiunge la pesantezza e l’intensità dei mitici Sleep. “Saddleback” e “All These Walls” (versione aggiornata di “Catcus Jumper”, proveniente dai polverosi archivi bootleg degli Slo Burn) sono pura dinamite sonora, e così in conclusione risulta azzeccata la scelta di un brano come “Her Bullets Energy” (ospite il mitico Robby Krieger, storico chitarrista dei Doors), delicata song psichedelica poggiante su chitarre acustiche.
Prima di concludere piace sottolineare la versione in vinile trasparente con righe/striature verdi e che rimanda alle prime releases della Meterocity Records (gli split Unida/Dozer e Nebula/Lowrider). Sono passati 15 anni ma, in questo senso, il tempo sembra, fortunatamente, essersi fermato ad allora.
Marco Cavallini