JOHN HOLLAND EXPERIENCE – John Holland Experience

Viene da pensare più ai Marlene Kuntz (quegli degli anni 90, per intenderci) che ai Queens of the Stone Age inserendo nel lettore il disco dei John Holland Experience. Non tanto per il cantato o per i titoli, anche se “Festa pesta” è un gancio scoperto, quanto per il trattamento della materia sonica. Vero è che gli ascolti di certo stoner forzuto stile Clutch, Fireball Ministry, Solarized e Five Horse Johnson emerge in maniera più o meno latente, ma altrettanto vero è che la composizione dei pezzi è sostenuta da travi regolamentari come strofa/ritornello/ponte/strofa che portano appunto ad indirizzi alternative rock evidenti.
La tradizione italiana è tracciata sul solco di alcune brillanti heavy band in materia – Fluxus per primi, ma non dimentichiamo Matra, Verdena (odiatissimi!) e gli archetipi Disciplinatha – che hanno tentato di risciaquar in Arno i precetti del rock inglese ed americano. I nostri John Holland Experience da Cuneo (è un caso?) riescono ad inserirsi nel mucchio con un appeal scanzonato e perciò riuscitissimo. “Canzone d’amore”, “Elicottero” e “Malvagio” mettono a segno dei punti importanti in direzione rock a presa diretta: Francesco , Simone ed Alex sanno suonare e hanno maturato il giusto feeling, ciò risulta evidente. Sul finire di “Tieni botta” arriva l’unica concessione allo stoner desertico e psichedelico con mammut riff, mentre la conclusiva “Ti piace” pare uscire dalla penna di Neil Fallon, tanto è circolare e blues addicted.
Sette pezzi più intro in una mezzoretta scarsa di musica: bene così, bisogna aver anche il dono della sintesi.

Eugenio Di Giacomantonio