Josiah – No Time
No Time. Non c’è tempo. Non ce n’è perché la realtà va veloce, frenetica, verso un orizzonte che ormai non ci appartiene. Mode e trend effimeri che si affermano e svaniscono in un lampo. Non c’è tempo, quanto ci circonda ci divora. È questa l’urgenza dei Josiah, cantori di un mondo che si sta dissolvendo.
Il loro heavy rock psichedelico è ancorato ai vecchi tempi, quelli in cui Led Zeppelin, Black Sabbath, Incredible Hog e Captain Beyond dettavano legge. E mantiene al contempo saldi contatti con il nostro presente, perché ci dona un nuovo modello, un inizio dal quale riprendere.
Terzo disco per la band inglese, che si è lasciata alle spalle l’impeto fuzz che contraddistingueva l’esordio omonimo e riprende lì dove lasciava il secondo “Into the Outside”. Passaggio d’etichetta (da Molten a Elektrohasch Records, ormai una istituzione per chi si confronta con certe sonorità) e album della maturità.
A volta manca l’impeto, quella voglia giovanile di spaccare tutto e fottersene del resto, istinto che si colma con un songwriting ragionato, attento alle sfumature, capace di rendere i brani complessi, mai facili o diretti. Certo, ci sono le classiche mazzate che fanno scuotere e vibrare (il boogie assassino di “Long Time Burning”, il rock travolgente tendente allo stoner di “I Can’t Seem to Find It”). Dove i tre si esprimono al meglio è nei pezzi lunghi e dall’appeal oscuro, prendere la bellissima title track e “The Dark” per rendersene conto.
È evidente la voglia di mettere tutti se stessi in un progetto, in una idea che alla lunga si rivela vincente. Il groove mozzafiato di “Harvester of Lies” e la psichedelia heavy, minacciosa, esoterica di “My Bird of Prey” esaltano tale scelta e ci consegnano un gruppo ormai maturo, con una cruda urgenza espressiva, certo e consapevole delle proprie scelte. ‘No Time’ è per i Josiah il passo della crescita. Coscienti che bisogna fare in fretta, perché il tempo stringe maledettamente.
Alessandro Zoppo