JuJu – Maps & Territory
JuJu è l’incarnazione che Gioele Valenti, musicista siciliano già protagonista del progetto Herself e con Nicola Giunta della creatura Lay Llamas, ha scelto per raccontare i suoi luoghi: il cuore del Mediterraneo.
Maps & Territory è la terza tappa di questo viaggio, iniziato con l’esordio omonimo del 2016 (nel quale ha affrontato l’esodo africano contemporaneo attraverso il filtro della magia ctonia e del neo-paganesimo) e proseguito nel 2017 con Our Mother Was a Plant, “un tributo lisergico e panteistico alla cultura arcaica e alla discendenza metaforica dell’Uomo dalle piante”.
Il trip sonoro di Gioele prosegue approfondendo attraverso la musica acida il legame che unisce gli uomini all’ambiente naturale, il suo sfruttamento e la ridefinizione dei confini nell’epoca in cui gli esseri umani guardano alla natura per la massimizzazione dei loro profitti.
Lo spiega bene Valenti nelle note del disco – “Maps & Territory esce al tempo dell’America di Trump, della Gran Bretagna del Brexit, dell’Italia disobbediente, dell’Ungheria cinta da mura e della Francia dei gilets jaunes, riflettendo sul continuo processo di contrazione ed espansione della realtà territoriale, contrapposta alla sua rappresentazione fisica e ideologica sulla mappa” – e lo conferma l’artwork di Marco Baldassarri (Sonic Jesus), dove il blu delle acque si schianta sul giallo della terra.
JuJu, in viaggio tra Maps & Territory
Reduce dalle recenti collaborazioni con Jonathan Donahue dei Mercury Rev e con i Goat, Gioele affida a JuJu l’esplorazione di questi temi concedendosi un lavoro che spazia a 360 gradi tra psichedelia, fuzz rock, elettronica e jazz. C’è di tutto in queste sei canzoni, dal mix di blues nomade e visionario kraut rock dell’iniziale Master and Servants all’ethio-jazz soffuso mischiato all’elettronica della conclusiva, bellissima Archontes Take Control, realizzata in collaborazione con la compositrice Amy Denio.
In mezzo, scorre lo scatenato afrobeat di I’m in Trance (c’è il buon Goatman ospite della traccia), un brano che mette in musica tutto lo sradicamento dei tempi moderni, l’ansia di “civilizzare il capitalismo” e la liquidità diffusa che ha condotto al libero sfruttamento dell’ambiente, della terra, dei mari e dell’aria. Sorprende anche la versatilità di una traccia come Motherfucker Core, che parte ipnotica e suadente e si conclude con un forsennato e ribelle beat disco-psych.
La varietà di toni è così cercata e marcata (e per alcuni potrà apparire il vero limite di Maps & Territory) che If You Will Fall va oltre ogni confine psichico e fisico tra sonorità sincopate e voci manipolate, mentre God Is a Rover riassume perfettamente le influenze stilistiche di Gioele: stravolgere un impianto melodico pop e farne specchio psichedelico distorto di questo nuovo Millennio.
In tempi caotici e difficili da comprendere come quelli che stiamo vivendo, caratterizzati dall’ipocrisia europeista e sovranista (nei fatti, due facce della stessa medaglia), la musica di JuJu si conferma decisiva ed essenziale.