KOAN – Krav Maga

Il quartetto pavese dei Koan, composto da Cosimo Cineri (voce/chitarra), Andrea Milanesi (batteria), Andrea Rotilio (basso) e Claudio Bigio (chitarra), attivo da qualche anno e con alle spalle un solo demo targato 2006, alla fine di questo 2008 da alla luce un mini-album intitolato “Krav Maga”, secondo lavoro in studio, autoprodotto.Le sonorità che lo permeano passano dalla potenza cubica degli Helmet, alla muscolosità di Clutch e Orange Goblin (anche se priva della componente blues e sudista), così come a tratti si elevano quasi maestose e monumentali da ricordare i primi Tool. La base di partenza del sound rimane comunque il wall of sound dello stoner, nella sua versione più brillante e Qotsiana, ma i suoi limiti vengono presto trascesi e portati su altri lidi, che toccano momenti di oscurità e rallentamenti tipici del doom, ma anche la furia dell’ hardcore, intervallati da stacchi più leggeri e ritmati da lambire il funk, vuoi lisergici e acidi nella piena tradizione psichedelica.
Su tutto questo si staglia il tentativo del gruppo di demolire il classico formato canzone strofa-ritornello-strofa: le canzoni si producono in continui cambi di scena, dove ogni riff, linea vocale o qualsiasi altro tipo di idea non viene mai ripetuta, ripresa, abusata. Un atteggiamento che fonda le sue radici nel progressive ma che anziché prodursi in prolissità, manierismo e divagazioni di ogni sorta viene invece portato all’ estrema sintesi. Il risultato sono 6 canzoni che non superano mai i 4 minuti e mezzo, per un totale di 22 minuti, un lasso di tempo esiguo farcito al massimo con una grande quantità di idee e stili.
Questa attitudine musicale è dichiaratamente ispirata dai maestri Melvins, fieri sostenitori di questa filosofia anticonvenzionale e anticonformista nella composizione dei pezzi. Ed i paragoni con la storica band di King Buzzo non si fermano qui, e toccano un ‘altra componente fondamentale della musica dei Koan, ovvero le ritmiche, audaci e anticonvenzionali, ricche di controtempi, tempi dispari, battute in levare e via discorrendo.
L’ espressione più personale di questa mole di caratteristiche è la prima traccia “Viscera”, convincente e memorabile in ogni sua parte, audace ma al tempo stesso incisiva. Il collante e punto fermo dei saliscendi dei Koan è la voce del frontman Cosimo Cinieri, potente e graffiante (il paragone più calzante che viene in mente è quello con Page Hamilton), che si erge a protagonista in “Meredith”, brano stradaiolo dal forte sapore Clutch, su cui viene sputato un fiume di parole (da notare come in tutto il disco la lingua adoperata è l’ inglese) che finisce per deragliare in maniera quasi schizofrenica.
Ancora più incentrata su uno stoner-doom ricco di groove è la più lineare e meno intrigante “Mdma”, un crescendo di potenza che sfocia in una coda dall’ andamento marziale.
Nella seconda parte del disco i Koan si lasciano trasportare dalla vena melodica di “Key Words” così come dal riffing forsennato e forse troppo prevedibile di “Argilla”, ma riescono a salvare i pezzi aprendo qua e là finestre fra il muro sonoro dove emergono divagazioni e deragliamenti strumentali, vuoi di chitarre acide pungenti vuoi di un imprevedibile basso in slide.
Ma proprio all’ atto conclusivo troviamo il brano più spiazzante, “Ideogramm”, che dall’ apertura sembra presentarsi come il più melodico del lotto per poi colpire a tradimento in un crescendo di oscurità fino alla lenta e pesante coda, una inesorabile cavalcata malefica degna dei Goatsnake più ipnotici, con tanto di assolo blueseggiante che trasuda il sangue di Tommi Iommi ad ogni nota.
I Koan sono ancora un gruppo giovane ed in questo lavoro dimostrano di avere sia buone idee che la giusta audacia, devono soltanto riuscire a convogliare tutto ciò in un vero e proprio full lenght con canzoni al livello delle migliori composizioni di Krav Maga. Il tempo e le potenzialità ci sono, non resta che aspettare.

Sebastiano Leonida Bianco