KYUSS – Welcome to sky valley
Sulla strada c’è un profumo di deserto. Qualcosa di aspro e brutale ma che tuttavia non manca di soavità. E’ la purezza della rarefazione. E’ il calore del sole rosso che brucia. E’ il suono della più grande rock band degli anni ’90. Parlare di “(Welcome to) Sky Valley” è come celebrare l’incelebrabile, sono parole inutili, occorre solo l’ascolto (come scritto nel booklet “listen without distractions”…). Ciò che i 4 cavalieri di Palm Spring sono stati capaci di creare è la quintessenza dell’heavy-psych (o stoner rock,chiamatelo come diavolo vi pare!): ascoltare la voce di John Garcia, la chitarra di Josh Homme, il basso di Scott Reeder e la batteria di Brant Bjork è un’esperienza unica, è la “brisa del desierto” che ti attira, ti seduce, ti pervade e non ti lascia scampo.
La prima parte dell’album (diviso in 3 sezioni) è la perfezione assoluta: “Gardenia” ti sbatte in faccia tutta la potenza del Kyuss-sound, fuzz-guitar, basso pulsante, drumming ossessivo e poi lui, La Voce, King John…”power booster,i’m talkin’ to god and more,crank it up and above my head…”.
“Asteroid” parte lenta, soffusa, quasi a voler rilassare con quell’intreccio chitarra-basso così disteso, poi scoppia nel delirio: Joshua trita le nostre orecchie con feedback e distorsioni, mentre intorno tutto brucia in un’esplosione di suoni mesmerici e multiformi.
Con “Supa scoopa and mighty scoop” si raggiunge l’apice: basso e chitarra si ritagliano uno spazio privilegiato nell’introdurre La Voce…King John non ha mai cantato così bene! Una sensibilità melodica unica unita ad una potenza micidiale, in un pezzo che sembra non finire mai, portandoti lungo gli orizzonti sconosciuti della mente.
“100°” (inizio della seconda parte) è pura adrenalina, la voce cattiva di John, il wah-wah di Josh, il martellante drumwork di Brant, i cupi giri di Scott…è tutto così perfetto!
“Space cadet” è un episodio unico nella discografia kyussiana: una specie di ballad acustica dai connotati spaziali, dove sembra di stare distesi attorno ad un fuoco nella Sky Valley, con John che ti sussurra nell’orecchio “…sitting alone covered in breeze,some things are so my mind can breathe…”.
Secondo approdo di questo splendido viaggio è “Demon cleaner”, magico labirinto sonoro che esplora in musica i meandri demoniaci dell’animo umano; qui John e Josh fanno davvero faville: gli “yeah” del primo e i vortici di chitarra del secondo sono qualcosa di unico, di impareggiabile, di sottilmente ambiguo.
Una chitarra liquida e un basso di grande impatto aprono la terza e ultima parte dell’album: “Odyssey” è una vera e propria odissea sonora, una bomba che esplode fragorosa nel muro di batteria creato da Brant ma soprattutto nelle linee vocali di Sua Maestà Garcia.
Due minuti di pura devastazione sono invece l’essenza di “Conan troutman”, sezione ritmica da togliere il fiato, chitarre acuminate e un’ugola spaccaossa.
“N.O.” porta direttamente nei seventies: la lead guitar zeppeliniana del guest Mario Lalli (mente dei Fatso Jetson) inocula in chi ascolta un brivido di piacere misto ad una carica incredibile!
Chiude questo lavoro epocale “Whitewater”, brano dai tratti più marcatamente psichedelici. Ed è proprio qui che si nota tutta la grandezza dei Kyuss: l’incipit heavy (davvero granitico!) lascia poi spazio ad una coda onirica dove è la chitarra di Josh a farla da padrone.
Beh, a parte la divertente ghost track “Lick doo”, non so cos’altro dire: chi non ha mai ascoltato questo disco corra subito a farlo, è il giusto dazio da pagare a chi ha saputo creare pura “stoner art”…”oh,sunshine,your love and beauty passed me by,should i waste my time in your valley,beneath your sky?…”.
Alessandro Zoppo