LES LEKIN – All Black Rainbow Moon

Nome curioso quello dei Les Lekin, a detta loro niente più che un divertissement nato dal nome inglese “Les” e dalla parola “Harlekin”, tedesco per “Arlecchino”. I tre – Peter Gallbauer alla chitarra, Stefan Willmann al basso, Kerstin Wolf alla batteria – nel 2011 cominciano a chiudersi in una sala prove nella zona industriale di Salisburgo e, in capo a tre anni, ecco l’album di esordio.
La via si apre con la consueta “Intro”, breve invito ad addentrarsi nei meandri strumentali di “All Black Rainbow Moon”; pochi passi e ci si imbatte nell’ammasso granitico di “Solum”, la chitarra che s’impone, diluendosi e addensandosi in un riffing ossessivo e inclemente, il basso che pulsa seguendo il moto circolare della batteria. La vista è nuovamente libera di spaziare sul panorama offerto da “Useless”, almeno per qualche minuto, finché una colata di fuzz non torna a riempire le orecchie, saturando tutto in un alternarsi di riff grevi e melodie prodotte in assenza di gravità.
Con “Allblack” sembra di tornare sui propri passi, ripercorrere un sentiero già visto: il modello si discosta ben poco dal brano precedente, le soluzioni dinamiche sono vagamente ridondanti; a conferire un po’ di movimento alla scena un paio di assoli simili più ad allucinanti sferzate di vento. L’immagine in “Loom” è sempre più sfocata, si dilata all’infinito: la chitarra è liquida, la sezione ritmica segue affannosa in un saliscendi senza pace, prima di piombare definitivamente in “Release”. Ormai il percorso è quasi conchiuso, il viaggiatore è stremato, la mente vacilla, la visione è confusa, s’atrofizza e s’espande di continuo, fino a farsi nube di meteoriti nel finale, svanendo nello spazio profondo.
Un’esperienza singolare questo debutto dei Les Lekin, 49 minuti di jam strumentali ispirate “al deserto e alla luna, alla sabbia e allo spazio” e giocate su un canovaccio piuttosto scarno. L’album è stato infatti registrato in presa diretta, senza sovraincisioni, senza orpelli di alcun tipo, con l’intento di catturare l’esperienza sonora del trio salisburghese nella sua purezza, la stessa essenza primordiale fruibile in sede live. Se questo è un proposito apprezzabile, il rovescio della medaglia è che i brani si discostano assai poco l’uno dall’altro quanto a ritmiche e struttura, dando così un senso di eccessiva ripetitività. Reso disponibile dapprima in formato digitale e successivamente in CD autoprodotto, “All Black Rainbow Moon” ha comunque riscosso un certo plauso nell’underground heavy psych, tanto da suscitare l’interesse della piccola label tedesca Tonzonen Records, che pubblicherà un’edizione in vinile.

Davide Trovò