MAD CITY ROCKERS – Black Celebration
Tenere in mano il bel digipack di “Black Celebration” (il cui cd è tra l’altro edito in due versioni, nero e argento, oltre ai vinili rosso e nero) è un motivo di orgoglio per diversi motivi: in primis è un disco sudista caldissimo e viscerale realizzato da musicisti italiani regolarmente iscritti alla Southern Rock Society. Un sound impeccabile e costato sudore, passione, competenza e fede assoluta nel linguaggio del puro rock, quello autenticamente statunitense, plasmato ai Mozart Studios da Kostadin Kamcev: si pensi solo che oltre al meticoloso lavoro in NJ, ci sono state lunghe fasi di mastering e missaggio che hanno coinvolto altre tre sale di incisione (Elefante Bianco e Skylab in Italia – a tal proposito eccellente anche il lavoro di Giorgio Speranza – e il Feldman’s Studio a Palm Springs). Dopo aver accantonato 4 pezzi per poter offrire il massimo in termini di resa qualitativa e perfezionato le ritmiche in numerose sessioni, può nascere l’opera prima dei Mad City Rockers, un nome avvolto in toto nella stoffa delle stelle confederate. L’idea parte dal bassista (e produttore) romano Manuel Jensa (ex Ipernova) che vuole assolutamente al suo fianco Angus Bidoli – la Fender infuocata dei Fingernails – forse l’unico a potersi esprimere a certi livelli; poi altri incontri decisivi: il batterista Valter Sacripanti e soprattutto il vincente vocalist Mark Duda, influenzato da Blaze Bailey per quanto riguarda l’impostazione hard, ma dal peculiare timbro desertico e seventies. Non finisce qui, perchè come se non bastasse la terza traccia “Stronger” è interpretata dal mitologico John Garcia, giusto per far capire di quale rispetto godano i MCR dall’altra parte dell’oceano.
Ma a parte il giusto tributo a Garcia, tuffarsi nell’ascolto di “Black Celebration” non tradisce di certo le attese. È un album calibratissimo, che trasuda rock duro ispirato, fresco e di livello, senza cedimenti di sorta. C’è il suono di Skynyrd, Black Oak Arkansas, Molly Hatchet, Outlaws, Hermano, ZZ Top, è naturale, ma la strada battuta non ammette repliche: i Mad City Rockers sono soprattutto loro stessi, sin dalla nera ricorrenza dell’esplosiva title-track.
La tensione bluesy da spazio sconfinato di “I Still Believe”, le soffuse concessioni melodiche di “Stronger” e l’anthem tutto stelle & striscie di “The Colour of a Star” non fanno altro che addentrasi in un ottimo album carico di contenuti. La ballata “Set in My Ways” è degna di un qualsiasi gruppo hard che si rispetti, al pari delle ariose “Fix My Love” e “Sarajevo” e delle arcigne “Scream Bloody Murder” e “Hard Livin’ Headlines”, tutte indistantemente impregnate di boogie, rifferama sudista e le interpretazioni di classe di Duda. Nell’ultima “Follow the Sun” – dopo qualche istante introduttivo noisy – Jensa, Bidoli e compagni optano per un suono più acido, e possono tornare in mente Blackfoot e Dixie Witch. Lunga vita a questi inossidabili rockers.
Roberto Mattei