MAGNIFIED EYE – The last sun
Anche la Danimarca, dopo la Svezia, ha iniziato a sfornare grandi gruppi in ambito stoner rock, ecco così che dopo i favolosi On Trial giungono alle nostre orecchie questi Magnified Eye. “The last sun” è il loro album di debutto dopo una serie di demos apprezzati da tutti gli addetti ai lavori e bisogna proprio dire che tanto clamore intorno al quartetto era più che giustificato: questo disco spacca davvero!
In quanto ad originalità c’è ben poco da segnalare, poiché la band in fondo non si discosta così tanto dalle solite coordinate heavy psych care a Kyuss e Monster Magnet, ma ciò che colpisce è una freschezza in fase di songwriting che raramente si segnala nelle solite uscite, cosa dunque rara per la Daredevil, specializzata in cloni kyussiani…nonostante il deja vù si faccia sentire in qualche episodio (l’iniziale “On the edge of a stone” ad esempio, molto influenzata dal sound di Unida e Kyuss, o la veloce “No big deal”, ficcante ma scarsamente incisiva), è da lodare l’impegno di questi ragazzi nel proporre una miscela che non sappia mai stancare durante l’ascolto, anzi: Frode Bjerkely (batteria), Torben Ravn (basso), Klaus Riis (chitarra) e Torben Egebjer (chitarra e voce) hanno la capacità di inserire in brani di grande impatto trame melliflue e dilatate veramente accattivanti.
Esemplari a questo proposito sono song come la lunga “Alcoholic haze” (miglior pezzo in assoluto) e “Keep distance”, veri gioielli stonati dove le chitarre si fanno liquide e rilassate nel bel mezzo di travolgenti tifoni ritmici. Un punto in più lo conquista inoltre l’uso dell’armonica che dona un tocco bluesy al groove di “The last sun” (meravigliose le sue partiture di chitarra acustica) e “Diesel breath”, episodio già apprezzato sulla compilation “The mighty desert rock avengers”. Altri momenti degni di nota perché sempre sopra la media sono “Sacred mountain”, track che ricorda molto da vicino i Soundgarden del periodo “Badmotorfinger”, con in più una certa ascendenza doom, e “Speedwagonhippiechick”, luogo di incontro tra eteree schegge psichedeliche e riff pachidermici provenienti direttamente dagli anni ’70. La chiusura del disco è invece affidata a “Cunundrum”, breve esperimento mesmerico e allucinato, e “Zero gravity”, oltre otto minuti di puro e semplice stoner rock dove si incrociano chitarre fuzz, ritmiche incessanti, vocals melodiche quanto basta e break al cardiopalma.
Un ottimo esordio, quindi, reso ancora più appetibile da una produzione impeccabile e da un artwork alquanto intrigante. Se queste sono le premesse, il futuro per i Magnified Eye è senza alcun dubbio pieno di prospettive rosee…
Alessandro Zoppo