Mastodon – Crack the Skye

I Mastodon sono uno dei gruppi più importanti del nostro periodo e non solo in ambito metal. Su questo non vi sono dubbi. Se pensiamo a quello che hanno fatto i quattro ragazzi di Atlanta in tutti questi anni ci viene naturale supporre che probabilmente entreranno (o sono già entrati?) nell’elite dei più grandi di sempre. Un po’ come è stato in passato per Metallica, Slayer, Pantera e Sepultura, tanto per citarne alcuni.

Dalle influenze sludge noise core di “Remission” del 2002, sono passati per il notevole “Leviathan” – grande disco di “metal evoluto” – fino ad arrivare ad un approccio più prettamente classico del precedente “Blood Mountain” – probabilmente il loro lavoro migliore fin qui ascoltato – ed in cui si iniziavano ad intravvedere sonorità “prog” sempre più marcate. Ora il nuovo ed attesissimo “Crack the Skye” accentua notevolmente tali influenze spogliandosi quasi interamente di quegli accenni post core che tanto vanno di moda in questi ultimi anni.

Il disco è diviso in sette parti per la durata complessiva di 50 minuti presentando un cantato pulito (altra novità rispetto ai brani dei dischi precedenti) ed atmosfere più rilassate che in passato, epiche, in certi casi quasi sognanti ma senza abbandonare quello che è stato il tipico sound della band. Così si va dall’iniziale psichedelica “Oblivion”, al singolo “Divinations” destinato a crescere con gli ascolti. Molto ben riuscita risulta anche la title track con la presenza vocale di Scott Kelly dei Neurosis (già ospite in “Blood Mountain”), forse l’unico esempio in cui si trovano ancora trascorsi influssi post core.

Ottime anche “Quintessence” e “Ghost of Karelia” che passano repentinamente tra aggressività e melodia. Ma la ciliegina sulla torta è data dalle due lunghe suite “The Czar” e la conclusiva “The Last Baron” che da sole valgono l’acquisto dell’album: la prima, in quasi undici minuti, cambia frequentemente il passo partendo lenta e delicata per poi diventare più dura e ritornare successivamente (quasi) sognante; la seconda è forse il brano più bello dell’album ed in tredici minuti dimostra cosa sia oggi il prog metal (con buona pace dei Dream Theater).

Inutile parlare degli ammiccamenti della band con mostri sacri del calibro di King Crimson, Yes, Rush poiché tenderebbero a sminuire un’opera destinata a far parlare molto negli anni a venire. Un’opera che difficilmente non verrà inserita nei primissimi posti della classifica di fine anno. Anche perché ormai i Mastodon hanno dimostrato chiaramente di essere una garanzia assoluta.

Cristiano Roversi