MATADORS – The muse of Senor Ray
In molti tra gli appassionati di stoner ricorderanno i Ridge, band giunta alla ribalta nel 2001 con “A countrydelic and fuzzed experience in a columbian supremo”, disco che manifestava tutto l’amore (per non dire la totale devozione…) del gruppo verso i paladini Fu Manchu. Qualcuno gridò al plagio, qualcun altro si divertì e si esaltò ascoltando i quaranta minuti di “A countrydelic…” (ma quanti hanno fatto e fanno lo stesso per Dozer o Demon Cleaner…). Dopo quel lavoro però dei Ridge se ne erano perse le tracce. Oggi due terzi di quella formazione ritornano (Andreas – voce e chitarra – e Jonas – batteria -) dopo una esperienza a nome Fandango. Ed in compagnia di Johan (basso) escono allo scoperto come Matadors.”The muse of Senor Ray” (titolo simpatico) è il loro debutto ed in fase promozionale si è parlato di una svolta sonora dei tre, ora diretti verso una maggiore eterogeneità (si leggeva di elementi metal, stoner, country e polka…). Beh, dopo aver ascoltato la mezz’ora abbondante di questo dischetto possiamo tranquillamente smentire tutte queste chiacchiere. I Matadors ci divertono sempre con il loro stoner fresco e fracassone ma quanto ad originalità non sono certo dei campioni. Bisognerebbe abbassare le pretese, anche perché quando ci dà dentro il gruppo ci sa fare. Pezzi che uniscono stoner e rock’n’roll come “I just tell you what you wanna hear”, “Along came the halo” o “Next episode” (di chiara ascendenza Queens Of The Stone Age) sono ottimi passatempo, brani belli carichi ma senza pretese. D’altronde deve essere anche questo il fine di una band, i Fu Manchu lo insegnano da anni e anni.
Le uniche variazioni sul solito canovaccio (riff carico di groove/cavalcata heavy/melodia appiccicosa) le donano i battimani di “Like a matador pt.II”, i coretti femminili di “O Squartford Jr” e le trame spagnoleggianti di “Senor Ray” e “Deliverance”, momenti comunque di puro intrattenimento. I Matadors ci piacciono perché non si prendono troppo sul serio. Fare il contrario sarebbe per loro un grande errore, per noi un immane dispiacere.
Alessandro Zoppo