MOMBU – Mombu
Prendete gli Zu, mischiateli con l’afrobeat e quei riti primordiali che Jacopetti e Prosperi ci mostravano nei mondo movies. Shakerate il tutto con la consueta spruzzata di folle jazz core che tanto piace a John Zorn ed il cocktail saporito si chiamerà Mombu. Nuovo progetto partorito dalla mente di Luca T. Mai (sax e m’bira) e Antonio Zitarelli (batteria e percussioni), con la fascinazione per l’Africa “oscura e misteriosa”, o meglio, con il preciso obiettivo di incidere «musica grassa e torrentuosa, con ritmiche magiche, ipnotiche, barriti da rituale voodoo ed uscite di rigore africano (ostinati/unisoni), il tutto con una chiave di lettura prettamente dettata dall’esperienza musicale di entrambi».Pare facile… La verità è che ormai Luca T. Mai è come Re Mida, qualsiasi cosa tocca si tramuta in oro. Le otto tracce del lavoro scuotono, attraggono, rimangono impresse nel cervello fino a provocare un feroce, benevolo mal di testa. Merito anche della produzione di Matteo Spinazzè e del mastering di James Plotkin. Garanzia di qualità quando si parla di sonorità estreme. È un piacere lasciarsi colpire dalla violenza incontrollata e monolitica di “Stutterer Ancestor”, dalle percussioni primitive e dagli scatti impazziti di “Orichas” e “Kemi”, dai passi incombenti di “Regla de ocha”. Sulla stupenda “Radà” (l’apice del disco) viene voglia di ballare per sfogare istinti ormai repressi, mentre il riff che penetra “Mombu Storm” è una tormenta mentale dal vigore (e rigore) impressionante. Come la conclusiva “The Harpoon’s Ritual”, solenne e reiterato arrivederci al prossimo viaggio avventuroso.
Altro che maschere tradizionali, pigmei cattivi ed esploratori bolliti in pentola. I Mombu sono la negazione assoluta dello stereotipo. Il sax è la spada, le percussioni sono lo scudo. Per i luoghi comuni non c’è scampo.
Alessandro Zoppo