MOUNT CARAVAN – Translations of the divine

Convincente prova il debutto degli svedesi Mount Caravan, band i cui membri sono nel giro musicale da ormai diversi anni (hanno fatto parte di gruppi punk, grunge, metal e garage) ma che sotto questo monicker hanno iniziato a suonare insieme dal 1999. Le varie e molteplici esperienze dei cinque (Giowanni alla batteria, Vernon alla voce, Guy al basso, Duke e Kang alle chitarre) si fanno sentire nettamente in questo promo di cinque pezzi, nei quali viene data prova di coesione e personalità. Le composizioni oscillano tra bordate heavy psych e passaggi più lisergici, sottolineati da suadenti melodie vocali che rendono il sound magmatico e avvincente.
Unica pecca è la scarsa qualità della registrazione, ma per essere un prodotto “casalingo” si può benissimo sorvolare e pensare solo alla musica. Un brano come l’iniziale “Endless room” infatti spazza via tutti i preconcetti: un wah-wah assassino di scuola Acrimony illumina i nostri occhi e si trascina in un moto circolare che si apre alle vocals vibranti di Vernon, il quale ha appreso bene dalle band della scena di Seattle come toccare le corde dell’anima di chi ascolta… Non a caso la successiva “Yarenaz” è un missile veloce e compatto che richiama alla mente i Sondgarden dei tempi che furono (magari con una maggiore estensione drogata…), mentre “Charles Bronson”, a parte il titolo ironico, è una splendida cavalcata mesmerica condotta da riff tellurici imbevuti d’acido, un fantastico caleidoscopio dove si incrociano l’operato di Kyuss e Alice In Chains. Come se ancora non bastasse, a dare il colpo di grazia ci pensa “Eightball”, song dilatata che parte da un ipnotico giro di basso e si adagia su una fitta coltre di chitarre, trapassata solo da dolci e malinconiche parti vocali.

La breve strumentale “Hastorinfernor” chiude in maniera ultra psichedelica un esordio che non poteva essere migliore. Un solo avvertimento: questa è musica dopata per menti dopate…

Alessandro Zoppo