NATIVA – Lato B

Non è da sottovalutare quella parte del rock underground cantato in italiano che oltre ai consueti, classici suoni alternative e grunge, ha finalmente introdotto nel proprio codice genetico anche le fibrillazioni hard-psych, una soluzione che risulta vincente quando si hanno solida preparazione e cultura musicale adeguata.
Sebbene meno legati allo stoner rispetto ad Alix e Mesas, e più orientati verso il rock italiano, i Nativa dimostrano di possedere quel background che li rende nettamente convincenti e mai banali, soprattutto perché il livello del songwriting risulta livellato verso l’alto, cosa non facile quando si mettono insieme le due diverse tradizioni.

“Zero” è proprio un brano hard rock di questo tipo, molto ben costruito, che si stampa nelle orecchie già dopo qualche secondo. I nostri citano Led Zeppelin e Pearl Jam, ma personalmente aggiungerei anche Therapy, Bush e i Life Of Agony più melodici, in virtù di refrain iterati e ipnotici, soprattutto nella seconda “I Like It”, l’unico pezzo in lingua inglese (ma funziona bene).

Cosa dire poi della struggente “Era Di Miele”? Più che fare il verso al rock sedicente indipendente tanto in voga alla televisione, risulta figlia di quella lunga striscia che in Italia è partita dai Litfiba ed è arrivata al grunge, ed è un bellissimo brano.

Idem dicasi per le introspettive “Nudo” e “Momenti”, che richiamano i migliori episodi del gruppo di Pelù, con però il substrato psichedelico costantemente ben radicato, non solo negli assoli e nella voce del bravo Sandro Morrocchi, ma anche nel basso di Enzo Falchini e nei tamburi di Marco Priolo.

Roberto Mattei