OJO ROJO – Tunes from the wayout

Tante volte abbiamo analizzato i motivi per cui l’hard trova qualche difficoltà ad imporsi nella vasta Germania (primo mercato discografico europeo, ndr), e la risposte non sono poi così difficili, visto che risiedono proprio in motivi storicamente radicati: il pubblico e i musicisti teutoni, fieri e combattivi, hanno sempre preservato le loro tradizioni affidandosi a scuole maggioritarie come power metal, thrash e goth, e la psichedelia ha avuto in quel paese una connotazione particolare, identificandosi con l’immortale sound kraut-rock, di cui i Farflung, e soprattutto gli spettacolari Colour Haze, ne costituiscono la contemporanea eredità.
Detto questo, dobbiamo osservare però che la scena musicale tedesca permette buone aperture, e un certo numero di band si dedicano allo stoner rock, al garage-rock’n’roll e al doom, già da tempo.

Per questo ci fa veramente piacere ascoltare un gruppo come gli Ojo Rojo, che a dispetto del proprio monicker non risulta una macchina emulatrice degli autori di “In Search Of…”, magari lanciata su autostrade con severi limiti di velocità.

Infatti – notevole sorpresa – i nostri si riallacciano piuttosto all’hard/crossover dei primi anni ‘90, che aveva dettato legge con gruppi di confine quali Helmet, Clutch, Life Of Agony, Corrosion Of Conformity e addirittura i leggendari Suicidal Tendencies, anche se ora ovviamente l’afflato del desert-rock risulta presente come un fattore consolidato.

Da lodare il fatto poi come la stesura musicale quadrata e potente degli Ojo Rojo non risulti affatto tozza e macchinosa, e l’album fila bene in una sequenza poliedrica di brani che non perde la propria logica, con alte probabilità di esaltare gli estimatori del genere.

Prendiamo “Run In Circles”: un riff bituminoso e tortuoso come una strada ad alta quota apre un pezzo col numero dei giri al massimo, e i bridge crossover trovano il climax in un refrain alla Clutch.

In un ipotetico festival estivo suonato all’aperto, la degna successione spetterebbe a “Flies On Strings”, un brano che la congrega di Mike Muir non compone ormai da oltre 10 anni, visto che si tratta di un sabbatico hardcore da polveriera.

Un brutale incontro tra i Fu Manchu di “The Action Is Go” e Suicidal Tendencies/Helmet spetta anche a “Drown” e “White Knuckle Ride”, mentre trascinanti e ispirati stonercore sono dati da “Ready 2 Go”, “Murder” e “Monkey Nation”, in cui non viene dimenticata la lezione dei Motorhead e del glorioso thrash di metà anni 80.

“Sublime” è invece un pezzo che fa leva sui contrasti atmosferici, e si avvicina sia agli autori di “Betty” che ai Godsmack, e “Little Judas” è uno stoner autostradale con cui partire dalla propria maniacale officina per percorrere tutte le vie di comunicazione d’Europa in cerca di fumo e un paio di tette, almeno dove questo è legale!
Una gigantesca sgommata accompagna poi uno spruzzo di catrame, e scorrazziamo da Porta Genova a Piazza Duomo sotto il frastuono di “Cazzo Milano”.

“No Thrill” e “Borderline” sono due monumentali guglie di quel pantheon crossover, eretto non più nelle metropoli statunitensi, bensì nelle sconfinate lande delle dune e dei tramonti cremisi.

Molto bello il congedo con l’ispirato e pacato strumentale rock-psych di “Linus”, emblematica sosta refrigerante per questi quattro guerrieri della strada, dalle palle fumanti come pneumatici, ma dal cuore gonfio e generoso.

Complimenti, Ojo Rojo.

Roberto Mattei