OTHER SIDE OF THE SKY, THE – Rorschach

Post doom rock. Sembra che negli ultimi tempi questo genere (che è poi una miscela di più generi) sia molto in voga fra i giovani musicisti, probabilmente affascinati dal suonare un sound ipnotico ed allo stesso tempo pesante. Questi The Other Side Of The Sky propongono all’incirca la stessa musica interpretata già abilmente da gruppi come Pelican, Isis, Obiat e Callisto, ovvero un incontro fra la liquidità della musica post rock e la lentezza/pesantezza tipiche del doom. Forse questo quintetto americano ha un retaggio sludge, dato il cantato aggressivo del singer Paul Weeks (comunque quasi totalmente assente, il 90% delle composizioni è interamente strumentale), ma probabilmente i nostri hanno in seguito subito il fascino della musica post e hanno deciso di dedicarsi ad essa, con risultati eccellenti.“Rorschach” è infatti uno dei migliori dischi usciti nel (sotto)genere, un’infinita lava incandescente di liquide sonorità psichedeliche immerse in un pesantissimo mantra sonoro. Le chitarre si aprono spesso a ‘vortice’ richiamando di continuo l’immortale stile shoegazing, spaziando con disarmante facilità da toni soffusi/onirici a bordate ultra heavy in puro Sleep/Electric Wizard style; l’iniziale “No compromise” basterà a confermarvi quanto detto. Citiamo anche “Street ethics”, un anthem che nessun altro era riuscito a fare finora e che rievocherà in voi le stesse desertiche visioni che solo i Kyuss erano in grado di sprigionare. La seguente “Harlem” è invece ciò che sarebbero gli Slowdive (i re dello shoegazing) ai giorni nostri, potenziati al massimo. Assieme agli Obiat, questi The Other Side of The Sky rappresentano la miglior sorpresa post doom rock degli ultimi anni: chi adora queste sonorità troverà in loro infinite emozioni.

Marco Cavallini