PECCATUM – Lost in reverie

Solitamente si dice che il terzo disco di un gruppo sia quello fondamentale. Svolta o definitiva consacrazione. Se questo assioma è vero, beh, i Peccatum sono tra i gruppi più brillanti dell’odierno panorama musicale. Una vita artistica che nasce nel 1998, quando Ihsahn (che gli appassionati di metal hanno osannato per anni alla guida di Thou Shalt Suffer e Emperor) si lega a Ihriel ed in compagnia di PZ (Source Of Tide) dà vita all’esordio “Strangling from within”. Rimasti in due dopo l’uscita del secondo “Amor fati”, i Peccatum di oggi tornano a ruggire con “Lost in reverie”, disco che sin dalla splendida copertina sottolinea l’atmosfera cupa e decadente di cui è permeato.
I puristi del metal e gli accaniti amanti del black storceranno il naso, anche se non sarebbe la prima volta ad accadere con un duo del genere. Ma nonostante tutto qui ci sono 50 minuti di grandissima musica, un concentrato di stili che fa invidia a qualsiasi gruppo degno di nota. Un aura ancestrale e romantica avvolge tutte le composizioni, che gravitano attorno all’estro poliedrico di Ihsahn (voce, chitarra, basso e programmazioni) e alla voce fatata di Ihriel. Gli unici appoggi esterni sono quelli del percussionista jazz Knut Aalefjaer e di PZ e Einar Solberg, presenti per alcune parti vocali.

L’ambient atmosferica dell’iniziale “Desolate ever after” apre il disco in grande stile, divisa tra inserti maligni e cadenze trip hop. Subito dopo c’è il gioiello dell’intero lavoro, quella “In the bodiless heart” che ammalia per i suoi intarsi acustici e per una struttura rock intricata, ai limiti del progressive. Un brano suadente come pochi.

Le reminiscenze black vengono fuori in “Parasite my heart” e “Black star”, ma sono sempre bilanciate da intelligenti stacchi di piano e dai vocalizzi eterei di Ihriel, la cui tonalità profonda e sensuale rapisce l’anima dell’ascoltatore. “Veils of blue” è invece una composizione trip hop liquida e sognante, costruita su una solida base rock e su tempi jazzati. L’opposto di “Stillness”, agghiacciante per i suoi sinistri rumori industriali e avvincente per il suo approccio sperimentale e futurista. Mentre solo alla fine viene piazzata “The banks of this river is night”, passionale ballata sinfonica che scioglierà il vostro cuore in un mare di lacrime…

“Lost in reverie” necessita di un ascolto attento e pacato. Attenzione a snobbare questo disco, sarebbe un grande errore. Ihsahn e Ihriel si dimostrano ancora una volta una coppia di grande talento e di immenso spessore. Sperimentazione ed innovazione sono le loro parole d’ordine. Ignorarle sarebbe un vero peccato.

Alessandro Zoppo