PECKINPAH – That’s All Bad Folk

Nove tracce per 30 minuti in punta di chitarra. Questo è “That’s All Bad Folk”, secondo lavoro di Lorenzo Bettazzi, in arte Peckinpah. Un passato con la decennale rock band fiorentina Zenerswoon ed un presente da cantastorie di amori e disastri, sconfitte e tradimenti. Ovvia l’ispirazione al vecchio zio Sam: oltre alle tematiche cantate, è altrettanto evidente la voglia di star fuori dal coro delle tendenze odierne. Pregevole lavoro griffato Canebagnato Records, registrato al Bunkerhaus Studio di Firenze da Sonic Saboteur e Ricca, questo disco è balsamo per ogni animo che combatte e non si rassegna, si sbronza di tequila e piange calde lacrime alla vana ricerca di un altrove.L’iniziale “Elle” è una delle canzoni più belle scritte negli ultimi anni, contraltare agli afflati traditional di “Summer”, “In the Meantime” e “Drunken Lover”. Una vena folk classica, intimista e solitaria, arricchita da piacevoli infiltrazioni elettriche in “None of Them”, da suggestivi chiaroscuri in “Morning Eye” e da struggenti note di pianoforte nella conclusiva “Grinder”. “The Seed” introduce un feeling weird ideale per ballare al chiaro di luna come novelli Cable Hogue, mentre “Call Me a Believer” è ancora più storta e psichedelica, da Junior Bonner in sella ad un puledro impazzito.
Non si può che volere bene ad un progetto come Peckinpah. Perché i tempi saranno pure cambiati, ma Lorenzo Bettazzi no.

Alessandro Zoppo