PELICAN – City of echoes

C’è qualcosa che lascia l’amaro in bocca al termine dell’ascolto di questo disco. È difficile da spiegare, ma è palpabile come un senso di amarezza una volta che il cd ha concluso il suo percorso. Forse i Pelican ci avevavo abituati troppo bene, con album di grandissimo livello, capaci di donare forti scosse ed emozioni. Questo nuovo “City of echoes” non è affatto un cattivo disco, anzi, ma il gruppo comincia forse a mostrare le corda, con canzoni che si trascinano stanche e prive di quel lampo capace di fare la differenza.Il genere è quello dei lavori precedenti: post doom rock, ovvero un incrocio fra la lentezza tipica di certo post rock e la pesantezza del doom metal, nonostante quest’ultima caratteristica sia ormai sempre meno presente nella musica dei nostri. Questo è un disco che piacerà sicuramente a chi possiede l’intera discografia della band, mentre a chi non li conosce consigliamo di tuffarsi sugli album passati. Alcune canzoni non sono davvero male, per esempio risulta veramente bella l’acustica “Winds with hands” ed anche “Spaceship broken parts needed” è un gran pezzo, con le chitarre liquide abili a creare un vortice dove è piacevole perdersi; la conclusiva “A delicate sense of bilance” rapisce i sensi, apparendo come un inedito heavy dei Mogwai. Il fatto è che sui dischi passati questi tre pezzi sarebbero passati quasi inosservati, mentre ora si ergono sugli altri; cosa significa tutto ciò?

Marco Cavallini