QUEST FOR FIRE – Lights from Paradise
Eravamo rimasti al debutto dei Quest For Fire appena un anno fa. Grazie alla lungimiranza della Tee Pee questi quattro ragazzi si erano dimostrati una delle migliori scoperte della passata stagione. Un esordio in cui il gruppo aveva saputo far valere le proprie doti spaziando dall’hard stoner ad un grunge d’annata, il tutto filtrato mediante un emozionante processo psichedelico. Oggi la band di Toronto fa ritorno per deliziarci con un full lenght che legittima la bontà della loro proposta. Lo stoner si è ridotto ai minimi termini ma le sonorità già conosciute non sono andate perse. Solo l’involucro si è fatto meno diretto, meno prevedibile, come se il loro rock fosse sospeso in aria, fluttuante, avvolto in una sognante (e deviata) melodia che riconduce ancora una volta dalle parti dei Dead Meadow.Ed è proprio quanto accade in “Greatest Hits by God”, stupefacente inizio di “Lights from Paradise”, album formato da otto brani che rimarranno a lungo impressi nelle nostre menti. “Strange Vacation” è uno psycho folk blues emozionale con la consueta voce straniante di Chad Ross. Le concitate “In the Place of a Storm” (già presente nello split con i Nebula) e “Set Out Alone” riportano la bussola alle escursioni elettriche del disco precedente mentre “Psychic Seasons” è un gioiello acustico di ammaliante bellezza.
Ottima anche “Hinterland Who’s Who”, aperta da un insistente basso cupo appena prima dell’ingresso di una corposa chitarra. Ma il picco dell’album viene raggiunto dall’accoppiata “Confusion’s Home” e “Sessions of Light”, due pezzi che da soli valgono il prezzo del biglietto. La prima pare un’improbabile mistura tra la fuzz dementia dei succitati Dead Meadow e certe aperture grunge sulla falsa riga dei Mother Love Bone. La seconda ricorda alcuni passaggi dei Soundgarden – periodo Superunknown – per poi protrarsi ancora in un contesto fortemente psichedelico ed un finale con destinazione ultima Seattle, primi anni novanta. Difficile rimanere impassibili. Come è difficile pensare che questo disco possa passare inosservato. Perchè di questi tempi c’è l’assoluta necessità di album come “Lights from Paradise”.
Cristiano Roversi