Rainbow Bridge – Lama

I Rainbow Bridge li avevamo lasciati alla corte di sua maestà Jimi Hendrix e li ritroviamo là, satolli di una abbuffata fuzzalicius come nei migliori party del 1969. Giuseppe “JimiRay” Piazzolla è il perno su cui si solleva questo mondo e il suo soprannome è l’evidenza a cui questo mondo appartiene, anche se il gusto è quello che fa la differenza.

Rispetto al predecessore “Dirty Sunday”, del tutto strumentale, qui abbiamo quattro pezzi cantati su sei, anche se, per essere onesti, le liriche assumono il carattere accessorio, dato che la prima dama su cui concentrare le attenzioni è proprio la chitarra di JimiRay. “The Storm is Over” completa il dittico Jimi/Stevie Ray con slow hand Clapton, risultando una out-take dei Cream del primo bluesy album “Fresh Cream”.

Spunta anche un’attitudine epica in “Day After Day” anche se il segno autografo della band lo riconosciamo meglio in “Lama” e “Spit Jam”, cavalcate immortali e immorali. “Words” è una piccola sorpresa di proto heavy metal con un tiro alla Steppenwolf mentre ”No More I’ll Be Back”, finale da dodici minuti, è una gemma southern rovente come un piatto di chilaquiles messicane.

Inscritti nel solco della tradizione della musica immortale, i Rainbow Bridge non deludono: resta da capire la curiosa e misteriosa infatuazione per i lama, omaggiati nei ringraziamenti come migliori amici dell’uomo (!), insieme a birra e alcool ovviamente.

 

Eugenio Di Giacomantonio