Rotor – 3

Prosegue a pieno ritmo l’esplorazione interplanetaria dei Rotor, magico power trio di Berlino che si è rivelato nel 2001 con un sorprendente disco d’esordio e passando per ‘2’ (fino ad ora il miglior esito della loro produzione) giunge a ‘3’, fatidica prova del terzo album.

Se il secondo lavoro esplorava sentieri interessanti (l’esperimento di due tracce con voce, gli influssi orientali che permeavano il solito tessuto compositivo della band), questa nuova uscita ritorna ai lidi ‘classici’ del debutto. Un heavy rock influenzato certo dallo stoner (non solo Karma To Burn e 35007 per via della natura strumentale, anche Kyuss, Colour Haze e Fatso Jetson), imbevuto dello spirito libertario e creativo dei ’70s, tra labirinti kraut rock e tentazioni progressive.

Un flusso infinito di varianti che spiazza ai primi ascolti e ammalia non appena se ne penetra la spessa coltre. D’altronde bastano lo stoner duro e stratificato di “Auf’s Maul?” e “Kaltstart” per farsi convincere. Oppure le derive hard psych delle bellissime “Klar Schiff” e “Transporter”, brani free rock da pelle d’oca.

“Hart Am Wind” parte invece con un giro acustico per poi sciogliersi nei meandri di un heavy jazz da infarto. È su questi ritmi che il gruppo si esprime al meglio, in questi territori di confine dove generi e definizioni si (con)fondono. Come nella title track (pioggia acida che fa girare la testa) o in “Umkehrschub”, dove si fa notare la presenza di spicco degli amici Hypnos 69.

La varietà del secondo disco si è persa. Poco importa, i Rotor si confermano una creatura tentacolare che rapisce i sensi con una musica senza tempo.

Alessandro Zoppo