SANTERIA – House of the dying sun

La definizione di southern tribal rock che è stata appioppata ai Santeria è qualcosa di assolutamente limitante. Giunti al terzo disco dopo l’omonimo album d’esordio e il live “Apocalypse, La.”, la band di GhostTown, Louisiana, compie un autentico miracolo nel panorama sonoro odierno: sfuggire ad ogni definizione attraverso una musica senza limiti e senza regole. Proprio tale eterogeneità è la carta vincente di questo “House of the dying sun”, piccolo scrigno che possiede tanti contenuti e svariate sfaccettature, tutte vincenti.
Già la formazione del gruppo dice molto in quanto ad originalità: due batteristi (Krishna Kasturi e Rob Rushing), un basso (Jay Guins), un chitarrista (Tony Primo) e soprattutto la presenza del leader Dege Legg, che si alterna tra voce, chitarra e piano. Tale impianto non poteva che produrre un sound avvolgente e variegato, che spazia con disinvoltura tra generi e stili diversi. La provenienza geografica (il sud degli States) si fa subito sentire nell’iniziale “High & rising” o in “MorningFall”, due brani cadenzati e compatti che mettono in mostra l’amore spassionato nei confronti delle loro radici southern rock, Lynyrd Skynyrd in primis.

Tuttavia è solo un punto di partenza e non di arrivo: l’attenzione infatti viene catturata da alcune power ballads come “Deathtrip”, “Daddy’s bad girl” e “Strung out on a dream”, dove l’approccio hard rock viene stemperato da un gusto melodico sempre in primo piano, condito da inserti acustici e vibrazioni psichedeliche. Ma neanche questo basta perché quando i Santeria spingono sull’acceleratore vengono fuori delle perle come “Wrong end of the day” (fusione perfetta di Led Zeppelin e Soundgarden…) e la magnifica “Cain’s way”, pezzo che potrebbe benissimo essere eletto come odierna “All along the watchtower” …tuttavia non finisce qui: la matrice originaria della band è il blues e allora via con la malinconica “Laredo”, con il delta blues di “Hellbent woman blues” o con le fumose atmosfere di “Main man”, che mescolano heavy blues e Seattle sound (nei riff sembra di ascoltare gli Stone Temple Pilots…). Ma per confermare tutta questa bravura occorreva il colpo di genio, che i Santeria riescono facilmente a tirare fuori dal loro magico cilindro con un finale titanico e imponente: i venti minuti di “Zixox” uniscono psichedelia, hard rock, visioni dark e inflessioni tribali che ci portano direttamente sulle rive di una palude della Louisiana.

“House of the dying sun” è un grande disco: songwriting impeccabile, capacità tecniche eccelse, originalità spiazzante, feeling travolgente…cosa chiedere di più? Mi raccomando, non fateveli scappare…

Alessandro Zoppo