SLOW ORDER – Hidden Voices

Gli Slow Order sono tornati, e alla grande: dopo qualche cambio di formazione (nel precedente “Pyramid Toward Oblivion” avevano suonato Patrick Hultin dei Burst alla batteria e MPFM dei Choriachi alla voce) diventano un trio strumentale senza perdere un grammo della loro incisività e sfornano un album da ascoltare tutto d’un fiato. Piace subito l’evocativo titolo “Hidden Voices”; ottima la produzione; infine, essenziale, quando fai partire “Bokor’s Call” ti entra dentro lentamente e massiccio come una flebo di whiskey e fango. Dopo il primo ascolto la sensazione è che sia rimasto qualcosa. Già alla seconda ripassata riconosci i pezzi. Alla terza, ti sembra di consocerli da una vita. Non è una caratteristica comune, affatto. Coordinate? Di sicuro i Karma to Burn per lo stile e i Black Sabbath per il riffing. Nei momenti più onirici aggiungeteci anche i Mystic Krewe of Clearlight. “Hidden Voices” è un disco dove i riff e la potenza la fanno da padroni, un disco dove i riff non vengono mai suonati una volta in più del necessario: uno ti sta catturando? Ecco che ne arriva subito un altro altrettanto bello. E questo tiene sempre alta la soglia di attenzione e goduria.
Facciamola breve: volete otto pezzi infuocati per scapocciate selvagge? Cercatelo, ascoltatelo e non ve ne pentirete.

Luca “Fraz” Frazzoni