SPIRITUAL BEGGARS – Demons
Questo disco ha tutto.E’ ben suonato, ha degli ottimi riff, una gran voce e delle belle canzoni.
Avete presente quando ascoltando un disco pensate “…mmm….però questo poteva essere fatto meglio….quest’altro non è all’altezza del resto…..”?
Beh, qui lasciate perdere perchè questi 5 fricchettoni svedesi ci sanno fare davvero con i loro strumenti!
Il gruppo è decisamente più tonico rispetto al loro recente passato e troviamo un Ammott particolarmente ispirato negli assoli: penso di non sbagliarmi quando prevedo che proprio alcuni di questi assoli dal vivo saranno dilatati e ci daranno tante soddisfazioni psichedeliche.
Le coordinate sonore?
Chi conosce già gli SB non avrà sorprese, ma per gli altri possiamo dare un più o meno di black sabbath vs deep purple (giusto due nomi per non sbagliare…) con suoni più grezzi e pesanti.
Ma veniamo al dunque: dopo l’intro Inner Strenght sarete assaliti dalla mastodontica Throwing Your Life Away e vi sembrerà che i Rainbow stiano jammando con i Black Label Society (e questa è cosa buona e giusta). Poco dopo, il riff di One Man Army vi teletrasporterà nel 1972 sulla higway 45 su una plymouth barracuda rossa (se vi fermate in quel drugstore prima di Detroit mi prendete una t-shirt degli Steppenwolf?).
Ogni tanto vi svegliate con i postumi della sera prima e vi accorgete che avete nostalgia dei caldi e confortevoli Purple di Coverdale? Curatevi con Through The Halls e starete subito meglio.
Nei giorni di pioggia invece il dott.Fraz vi consiglia la dilatata Born To Die che è seguita da un’atmosferica reprise finale di piano ed archi. Con In My Blood decidono di pestare sul pedale della pesantezza e per l’occasione Ammott abbassa la chitarra in Sib ed il cantante evoca lo spirito del sempre amato Lemmy, mentre Elusive è un riuscitissimo incrocio tra la pesantezza dei migliori Spiritual Beggars e le melodie rockpop dei gloriosi anni ’60. No One Heard chiude il disco con un’altra entusiasmante prova del cantante Christian Stöstrand che è davvero un piacere ascoltare nonostante non ci doni linee vocali memorabili in composizione: se vogliamo fare i pignoli ha uno stile molto classico e la non eccessiva personalità ci frena un po’ dall’idolatrarlo, perché lo Spice dei primi 4 album era meno preparato ma decisamente più carismatico.
Personalmente collocherei questo disco al terzo posto della loro discografia, dopo i capolavori Another Way To Shine e Mantra 3, perchè pur non avendo i picchi qualitativi di canzoni epocali come Monster Astronauts o Misty Valley è un ottimo disco da ascoltare tutto d’un fiato che placherà la vostra sete di sano hard rock: è uno di quei dischi che apparentemente possono sembrare nella media, ma poi s’insediano lentamente nel vostro subconscio per poi non lasciarvi più.
I fan di questo gruppo saranno sicuramente soddisfatti,chi non li conosce può cominciare da qui: datemi retta, non perdetevi questo disco e se avete dei pantaloni a zampa d’elefante indossateli quando l’ascoltate.
Fraz