STAKE OFF THE WITCH – Palace Court, Flat 19

Anche agli Stake-Off the Witch ha portato bene farsi le ossa in tour esteri, e presumibilmente le date con Regular John e Truckfighters hanno consentito ai quattro stoners emiliani di crescere e confrontarsi con lo stabile underground nordeuropeo, e il successore di Flamegoing (2006) lascia già presagire dal titolo la sua natura criptica e poco foriera di architetture classicheggianti.Difatti “Palace Court, Flat 19” si inerpica in territori noise rock che rimangono collegati allo stoner/psych grazie ad una parziale conservazione della circolarità dei riff e delle ritmiche, e forse questo ponte sonoro è l’interstizio a cui accedere per esplorare il falansterio noir edificato in quest’album.
Le cose sono messe subito in chiaro dal wah-wah atonale in apertura di “Game Over” impiantato su riff molto ribassati, pezzo che dopo varie battute lascia spazio ad una lunga e radicale cavalcata garagista comandata dalla voce acida di Stefania, ricca di break ritmici e coda psych che potrebbe ricordare un incrocio tra Beaver e Sonic Youth.
L’accoppiata “Pussy Cat”/”So Hard” presenta gli stessi sofferti ingredienti fuzz, vocals sinuose e gli strumenti intenti a controllare a dovere le scure eruzioni che emergono nei brani, evitando di fatto uno scorrere eccessivamente monolitico.
La registrazione cruda – ma realizzata con competenza nel far emergere la natura lo-fi degli Stake-Off the Witch – caratterizza positivamente anche la title track, che impasta Oneida, Stooges e abrasivo heavy-psych.
La seguente “Something Bad (In My Head)” è un brano ispirato e introspettivo, col gruppo che si muove con naturalezza nel dedalo rumoristico costruito su numerosi riff.
C’è poi spazio per l’ipnotica e nera psichedelia di “1383” (sulla scia dei Sally del secondo album) e l’ultimo conturbante assalto garage noise (ma sempre filtrato dall’acid rock) di “This is Me”, che chiude un album rabbioso e intelligente, lontano da refrain immediati e pure da rischiosi sperimentalismi, da cui il gruppo piacentino esce con una prova convincente.

Roberto Mattei