SUNRIDE – The end justifies the means
Conosco bene i Sunride. Il loro primo 10″ “Magnetizer” fu per me una folgorazione, un capolavoro che a distanza di anni non smette di stupirmi ed emozionarmi. Una voce che si ergeva originale, nel pur popolatissimo panorama heavy rock psichedelico. Capacità compositive di valore assoluto. Si poteva dire che erano altri a ritrovarsi a suonare ‘a la Sunride’. Non è roba da poco! Da allora, da vero fan li ho seguiti attentamente in ogni loro mossa. Ed eccoci oggi, a disquisire di questo full-lenght. Posso dirvi che alla cometa a cinque punte capitanata dal singer Jani Peippo (che nomi assurdi, sti finnici…) non è mai piaciuta stare ferma. Ne ha fatto di strada. E ha perso nel suo percorso molta di quella polvere e gas che la caratterizzava per caricarsi di scorie metalliche che finemente e rilucenti ci circondano in nuove sfaccettature. “Otherside” esordisce con come un bolide che si scaglia al suolo e costringe a levare gli occhi al cielo, dove vediamo passare in uno splendore incantevole, più freddo del solito. Merito, o colpa, di una sensazione di malinconia mai provata prima. E qui sta la novità: odo echi di Katatonia, che mai i nostri avevano utilizzato. A dire il vero anche la copertina ricorda gli svedesi. Qualcosa è cambiato. E la seconda track non fa che enfatizzare e confermare le mie impressioni iniziali. Fredda come vento nordico di primavera si infiltra “Colourblinded”. Essì, qualcosa è cambiato, ma non è spiacevole. Ma ecco virare leggermente verso lidi più tradizionali “Bluesong” e la title-track, dove i Sunride si ritrovano a fare le cose a loro più congeniali; quel heavy-alternative-ritornellato-spettacoloso che li ha resi famosi. Ma in modo decidamente più attraente e smaccatamente commerciale. Suonano alla grande, ti prendono, cambi azzeccati e melodici. Potremmo definirlo metal-pop nordico. Che trova sfogo in “Good morning darkness”, “Ocean”, “Waiting for the grace” e “Done a turn”, delle buone calvalcate melodiche. Addirittura in in “One tragedy” troviamo un’armonica countryeggiante, suonata da chi? Michael Monroe (Hanoi Rocks), addirittura un glammettone della vecchia scuola! Però, che sconvolgimento, ragazzi. Quando finisco di ascoltare il disco non posso dire però che i Sunride mi abbiano convinto del tutto. Qui gli elementi ci portano tutti in una direzione. Scalare le classifiche. La produzione (ottima), le strutture (curate e dall’impatto immediato), la cura degli arrangiamenti. Sanno suonare, i nostri eroi. E probabilmente rimanere dei semisconosciuti è un abito che gli va stretto. Io non riesco a giudicare in maniera obbiettiva. Rimpiango le emozioni che hanno saputo regalarmi, e d’altro canto mi dico che se tutte le band da classifica suonassero come loro la scena ne guadagnerebbe di sicuro. Ma lì in alto le leggi sono severe e non si tollerano indecisi e rivoltosi. Esistono regole di mercato disgustose a cui bisogna adeguarsi, pena scivolare nell’anonimato. Non me la sento di stroncare un disco tutto sommato godibile e di impatto, basta non aspettarsi chissà quali paesaggi semisconosciuti e bellissimi. Un’ultima considerazione: ‘il fine giustifica i mezzi’ è una dichiarazione di intenti, una giustificazione da parte della band o cos’altro? Sarà il successo il fine ultimo del combo venuto dal freddo? Ai posteri… Considerate il voto anche come un omaggio personale ‘alla carriera’ dei finlandesi.
Gale La Gamma