Teeth of the Sea – Wraith
La stampa di settore lo definisce avant-gard art rock. Sarà, ma il sound dei Teeth of the Sea è materia tutta a sé. La loro storia comincia dieci anni fa, quando Jimmy Martin incontra Sam Barton e Mike Bourne in un negozio di dischi a Oxford Street, Londra.
Dall’esordio del 2009, Orphaned by the Ocean, ai bellissimi Highly Deadly Black Tarantula (2015), Master (2013) e Your Mercury (2010), passando per la colonna sonora di A Field in England di Ben Wheatley, ne è passata di acqua sotto i ponti.
Quando li abbiamo visti all’Eindhoven Psych Lab 2015, è stato uno spettacolo unico e incredibile. Wraith è il loro quinto album ufficiale e non fa altro che ribadire quanto andiamo sostenendo da anni qui a bottega: i Teeth of the Sea sono uno dei migliori gruppi attualmente in circolazione.
Elettronica, jazz, psichedelia, kraut, post rock. C’è di tutto nel loro brillante amalgama sonoro, che in questo lavoro cita Tetsuo di Shinya Tsukamoto, i demoni di Judee Sill, il minimalismo di Steve Reich, le chitarre acide di Helios Creed e Acid Rock di Rhythm Device (la creatura del produttore belga Frank De Wulfe: un cult della techno old school).
Wraith è stato registrato al Lightship 95, un particolare studio costruito nelle viscere di una nave di 75 anni fa e pesante 500 tonnellate, attraccata sulle rive del Tamigi, in una delle zone più oscure e selvagge di East London. Una location insolita ma adatta ad evocare lo spettro che dà il titolo all’album, una sorta di incubo ad occhi aperti che attraversa i nove brani di questo disco.
Un’antologia del contemporaneo che poggia su uno dei brani più belli scritti dal trio: Visitor. Otto minuti nei quali gli avvolgenti sintetizzatori, la tromba glaciale (un elemento ormai tipico del gruppo) e le chitarre aggressive si fondono in un viaggio ai limiti dello spettro sonoro (appunto).
Visitor ospita la percussionista Valentina Magaletti (Tomaga, Raime, Vanishing Twin), tra i numerosi guest del disco: il DJ e produttore londinese Erol Alkan (nell’iniziale I’d Rather, Jack i suoi beat forsennati travolgono dal primo ascolto), Chlöe Herington (Chrome Hoof, Knifeworld, Valve) e Katharine Gifford (The Wargs, Snowpony, Stereolab).
Hiraeth (parola che in gallese indica la nostalgia di casa) è una composizione cinematica e morriconiana, Fortean Steed abbraccia l’ambient e si apre a soavi voci femminili, Her Wraith fa invidia a buona parte degli sterili gruppi dark e prog di oggi, la conclusiva Gladiators Ready suona come un’esperienza sonora che immagina il passato ma lo declina al presente in una liminale e superba riflessione sul tempo che scorre.
Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Teeth of the Sea, ovvero come continuare ad aspettarsi l’inaspettato.
Alessandro Zoppo