TEMPLE OF DEIMOS – Work to Be Done

È una sera come le altre, sono al computer che youtubeggio quando percepisco una luce: la vista periferica mi attira verso la finestra, la luce si fa più intensa, non riesco a guardare, ho le vertigini. Ad un tratto vedo tre sagome delinearsi, va bene che amo la psichedelia ma qui si sta un po’ esagerando… mentre si avvicinano le figure sembrano più chiare, tre uomini, guardo meglio ed ecco la sorpresa: sono tre alieni. Entrano con passo da hovercraft se i avvicinano allo stereo, infilano qualcosa e spariscono di colpo. È buio. L’unica fonte di luce è lo stereo stesso, emette un rumore: sta andando da solo.
Quando parte “Work to Be Done” capiamo subito che i riferimenti dei Temple of Deimos sono ben delineati: i nostri eroi genovesi hanno nelle vene i primi due album dei Queens of the Stone Age ma sono abbastanza furbi da rimanere quasi sempre lontani dal “già sentito”, dando un’iniezione di energia personale e sincera.
Il disco si apre con “Excuses and Lies”, una bomba su cui vi sfido a non scuotere la testa. Poi arrivano il singolo “Lady Squirt Cadillac” e una “Sun Will Gulf Us” con il riffing ancora sugli scudi. Nella titletrack le atmosfere si rilassano e ci portano in un bar sperduto da qualche parte nel deserto, da questa e la successiva “Remoras and Ghost” comincia una piacevole varietà di ritmi ed atmosfere che ci accomapgna fino alla fine del disco, con pezzi granitici sapientemente alternati a momenti più riflessivi. “For a Sweet Death” è il punto in cui il legame con i QOTSA si fa più stretto e la voce più efebica, ma poi arriva l’altro singolo “Questi cazzi di vespone” che merita un premio solo per il titolo. “Waiting For” è una colonna sonora perfetta per un’adduzione aliena, “Lonewolf” e “Better Take the Bike” ci riportano dolcemente sulla terra.
Avrete capito che mi piace molto l’artwork a tema sci-fi e la produzione è riuscitissima: questo non è un disco solo per nostalgici, è un bel disco e basta.

Luca “Fraz” Frazzoni