THE GATES OF SLUMBER – Stormcrow

Gradito ritorno quello dei The Gates of Slumber. Il trio di Indianapolis, attivo da ormai più di un decennio, è tra gli alfieri dell’old school traditional doom. Fieri e fedeli alla musica del destino, licenziano “Stormcow”, EP che va ad aggiungersi ad una già vasta discografia che comprende cinque album, quattro EP e alcuni split. Una band in costante crescita, che lavoro dopo lavoro ha saputo ritagliarsi il proprio spazio all’interno della scena doom ed heavy. Dopo un inizio un po’ stentato la formazione statunitense ha saputo mettere a punto il proprio songwriting finendo con l’essere oggi tra le più fulgide realtà del sound sabbathiano.Quanto proposto chiaramente non presenta grandi novità: i Gates of Slumber hanno fatto questa scelta a suo tempo e propongono dell’onesto doom tradizionale, senza fronzoli o compromessi. La cosa al trio riesce piuttosto bene: la formula è canonica heavy riff rallentati, improvvise sterzate e di nuovo tempi slow. Ad arrichire lo spettro sonoro ci pensa poi il timbro di Karl Simon, che vocalmente appare un ibrido tra Wino, Robert Lowe e Victor Griffin. Quest’ultimo sembra essere un vero mentore anche sul piano chitarristico: il gruppo, che inizialmente esibiva connotati e riferimenti al mondo epic, ha in parte modificato questa formula arrivando ad un graduale rallentamento delle composizioni, seppur ancora presente nell’immaginifico dei testi. “Stormcrow” suona true classic doom. Le già citate influenze epiche si sono notevolmente attenuate e i cinque pezzi sono ben suonati e strutturati.
Questo EP nulla aggiunge alla storia della band e del genere. Si notano influenze che vanno dai Place of Skulls ai Candlemass, giù sino ai Trouble e ai Saint Vitus. Nella più classica tradizione del doom stelle e strisce, The Gates of Slumber ci consegnano un lavoro che, pur non facendo gridare al miracolo ed un gradino inferiore all’ottimo precedente “The Wretch”, sarà comunque una lieta nuova per tutti i true’n’ pure fan del doom.

Antonio Fazio