The Sade – III: The Grave

Mi sono sempre piaciuti gli elementi scostanti di una band. Gente che per perseguire il proprio sogno è deciso a non scendere a compromessi. Uno di questi è Andrew Pozzy, al tempo bassista dei proto rockers/MC5 style band/revolt is the law! OJM. Andrew, insieme a Mark e Matt, ha messo su i The Sade, una formazione diametralmente opposta alla casa madre trevigiana, ed è andato a scavare nel lato oscuro della psiche.

Il progetto giunge con “III: The Grave” al terzo album in totale scioltezza. I pezzi, stranamente rispetto alla scelta stilistica, suonano freschi e asciutti come un sorso di buon bourbon. “The Raven” potrebbe ammiccare al pubblico dark e finire nelle radio, come un tempo erano diffusi nell’etere i Sisters of Mercy, i Mission e i Cure meno stantii. Il cuore dei nostri è sì scuro, ma anche metallico e duro.

“Seek Seek Seek” è 100% Danzig con una cafonaggine Hellacopteriana (“Burnt” sembra uscita dritta dritta dalle mani del compianto Robert Dahlqvist), “Graveyard” e “Prayer” sono quasi vergine di ferro e fanno scapocciare duro con goliardia metal. Ma non viene dimenticata neanche l’origine della specie: “Coachman” è puro black country come solo Johnny Cash era capace di fare e “Black Leather” esce direttamente dall’albero della vita, il blues. Sipario finale su acustica spagnoleggiante di “Charlie Charlie”.

Cos’altro aggiungere? La mente è il cuore sono così aperti che impossibile rimanere indifferenti davanti a certa classe.

The Sade

The Sade

 

Eugenio Di Giacomantonio