THUNDERSTORM – As we die alone
Quarto, atteso, album per i Thunderstorm: avevamo letto e sentito dire che “As we die alone” avrebbe rappresentato una svolta per il gruppo, un disco che avrebbe apportato modifiche al sound della band, definita da molti la migliore del doom nazionale. In realtà già dal secondo “Witchunter tales”, il trio bergamasco aveva fatto intendere di non voler adagiarsi esclusivamente sulla monoliticità del doom metal, ma aveva apportato alcune incursioni stilistiche di altri generi, rendendo meno soffocante l’atmosfera tipicamente nera della musica del fato.“As we die alone” non apporta stravolgimenti nei Thunderstorm (anzi…), casomai accentua ancora di più le coordinate rock già presenti nei precedenti album, poggiando su un groove per certi versi atipico per il doom metal. “Death rides on the highway” ha un tiro notevole, e pare un inedito dei primi (quelli più veri e meno ‘tamarri’) Black Label Society, così come la conclusiva “The mad monk”, una trascinante cavalcata doom rock (il riff/refrain è molto simile a quello di “Black night”, brano del precedente album “Faithless soul”). Chitarre ‘goticheggianti’ di memoria Paradise Lost (epoca “Icon”/”Draconian times”) echeggiano in “We diw as we dream (alone)”, mentre “I wait” ha un effetto psichedelico dato dal giro chitarristico a vortice e da una strofa ripetuta di continuo.
I brani tipicamente doom ci sono, come “Hypnowheel of life” e, soprattutto, l’ottima “S.L.O.W.”, una lenta e nera litania dal notevole effetto dark (il brano migliore del disco), che presenta un bellissimo assolo di chitarra finale. Un album che ogni fan del gruppo stava aspettando, e chissà che, spinto dal suo groove, il trio non possa raggiungere anche altri affezionati.
Marco Cavallini