TOMYDEEPESTEGO – Odyssea
Errare in paesaggi sereni e pregni di ricordi, in cui il silenzio immobile e la vastità della natura regalano emozioni singolari. Questo è, concedendoci una licenza poetica, la musica dei Tomydeepestego.Note gentili e assenza di parole, lunghe litanie strumentali e soluzioni che richiamano fortemente il post rock e il post core più ambientale e crepuscolare (non a caso l’ottima traccia conclusiva prende il nome di ‘Crepuscolo’, appunto), territori in cui la band capitolina sa muoversi elegantemente. L’alternanza quiet/loud gioca un ruolo fondamentale nell’economia dei brani e, a tal proposito, funzionano alla perfezione ‘Euskadia’ e ‘Mizar’, poste sapientemente in apertura. La carica emotiva di ‘Liver’ è senza dubbio uno dei picchi dell’album, grazie anche alla viola del maestro Leonardo Li Vecchi, che riesce a dare quel tocco di malinconia in più. Aria di casa nostra con ‘Mediterraneo’, difficile dover descrivere con dei suoni un luogo, un modo di essere, ma i Tomydeepestego con questo brano riescono ad esprimere pace ed armonia.
Un lavoro ben curato, dalla composizione al sound, dall’artwork al packaging, in tutto e per tutto minimale e suggestivo. Tanto i Pelican quanto i Mogwai si sentiranno chiamati in causa più volte, probabilmente risiede proprio in questa derivatività e prevedibilità (talvolta anche prolissità) il vero limite di ‘Odyssea’, a volte i ragazzi sembrano seguire un copione di cui già si conosce il finale. In definitiva, per chi non è alla ricerca di strambe innovazioni e/o divagazioni pseudo-sperimentali, rimane un disco da apprezzare nella sua semplicità e godibilità.
Davide Straccione