TYPE O’ NEGATIVE – Dead Again
Sgombriamo immediatamente il campo da ogni pensiero o equivoco: “Dead again” è un album dei Type O’ Negative, punto e basta. Ci sono stati commenti non proprio positivi su questo disco, recensioni che hanno tacciato i Types di immobilismo; in parte è così, ma, rimanendo in campo gothic metal, vi sembra che band come Paradise Lost, My Dying Bride, Moonspell e Katatonia stiano pubblicando album diversi dai precedenti? Detto questo, è innegabile che “Dead again” ripresenti il quartetto di Brooklyn esattamente da dove terminavano i passati lavori, ricalcandone né più né meno le coordinate; i Types sembrano infatti godere nel crogiolarsi nel loro inconfondibile stile. Rispetto al recente passato la sorpresa può essere magari un’accentuata vena aggressiva, con canzoni dotate di un ‘tiro’ che rimanda agli esordi della band (“Halloween in heaven” e “Some stupid tomorrow” su tutte). Per il resto è tutta un’esibizione delle caratteristiche che hanno fatto la fortuna (stilistica ed economica) del gruppo: lugubri porzioni doom, melodiche atmosfere dal gusto romantico e il fondamentale apporto della voce di Pete, che gioca a passare da toni baritonali e parti aggressive a dolcissime nenie sussurrate.Nonostante “Dead again” sia forse il disco più dinamico composto dai Types da lungo tempo a questa parte, è difficile arrivare fino in fondo senza provare almeno un pizzico di noia (e ciò suona come un controsenso, vero?). Alcuni brani (su tutti “These three things” – che tra l’altro presenta lo stesso identico riff utilizzato nella parte centrale della passata “World coming down”) si adagiano eccessivamente su tempi “allungati” e ripetuti all’inverosimile; “These three things” dura un quarto d’ora, ma ciò che dice nei suoi 15 minuti poteva esprimerlo nella metà del tempo… capito il senso? Di contro, non mancano le belle canzoni, come la tenebrosa “The profits of doom” (forse la migliore dell’album), la romantica ballata elettrica “September sun” e la drammatica “She burned me down”, pezzi che riusciranno ad emozionare i fan della band, forti del nero appeal che trasuda dalle loro note. La conclusiva “Hail and farewell to Britain” (una cavalcata gothic/doom, che rimanda alle mitiche “Christian woman” e “Black n° 1”) presenta poi una coda finale dotata di un refrain ipnotico dal gusto dolce/amaro che si vorrebbe ascoltare all’infinito.
Il gruppo è capace di scrivere ancora canzoni memorabili, ma appare ormai evidente che due dischi come “Blody kisses” e “October urst” siano capitoli irripetibili nella discografia della band. Gli appassionati godranno di questo nuovo tassello che si attesta su livelli sempre più che discreti e propone ciò che tutti gli adoratori dei Types avrebbero voluto ascoltare. La classe è cristallina e non si discute, ma “Dead again” suona fondamentalmente come un disco di “mestiere”. Fra quattro anni staremo commentando il loro nuovo album con le stesse valutazioni utilizzate per questo.
Marco Cavallini