UFOMAMMUT – ORO: Opus Primum

Ritorna il Mammut alieno due anni dopo l’uscita dell’acclamato “Eve”. Sarebbe superfluo introdurre gli Ufomammut data la mole di successo e di consensi raccolta in questi ultimi anni dagli alfieri del doom italico. Ormai da diverso tempo sono soliti calcare i palcoscenisci più prestigiosi della scena e si possono tranquillamente definire una delle più importanti realtà del genere. Il lavoro cui ci si trova di fronte è qualcosa di ambizioso e segue in parte la strada intrapresa con il disco precedente. “ORO: Opus Primum” è la prima parte di un dittico riguardante il nobile metallo, la seconda parte sarà intitolata “ORO: Opus Alter”. Un concept che a detta degli stessi Ufomammut fa leva sulla doppia interpretazione della parola oro (il nobile metallo e la traduzione latina “io prego”). A livello concettuale un progetto ambizioso quello della band piemontese, ma che al livello musicale risulta forse un po’ troppo derivativo da “Eve”. Il disco si apre con “Empireum”, pezzo più psych dell’intero lotto, che rimanda ai Pink Floyd di “A Saucerful of Secrets”. Un lungo intro ci presenta il tema portante dell’opera fino all’esplodere delle distorsioni e alla catarsi finale. Segue “Aureum”, un riff massiccio e una batteria poderosa lo rendono un rullo compressore, forse il momento di maggiore aggresività dell’album. “Infearnatural” fa leva su poderose chitarre spaziali che si fanno strada lungo tutto l’arco pezzo per deflagrare nel finale in un droning siderale. “Magickon” è forse il momento più debole del disco, una stanca ripetizione del tema sotto un tappeto di feedback e distorsioni. Chiude “Mindomine”, brano dal sapore mistico in apertura, ma che presto si trasforma in un carro armato doom, sostenuto dalla esplosiva batteria di Vita e dalle urla dallo spazio profondo che lacerano la canzone fino al cumine; un’orgia di feedback e droning.
Alla fine dell’ascolto ci si trova di fronte a un lavoro valido ma con un vago senso di incompiutezza. Sono troppe le somiglianze con il lavoro precedente per riuscire a dare un’identità definita a questo “ORO: Opus Primum”. Lavoro di qualità certo, ma che stenta a decollare e si limita a galleggiare in un’aurea mediocritas.

Giuseppe Aversano