VANESSA VAN BASTEN – La stanza di Swedenborg

Un inquietante dialogo fra un’infermiera e una paziente moribonda spalanca le porte di questo cd, una conversazione nella quale l’infermiera suggerisce alla paziente il modo maggiormente indolore per affrontare la fine della propria esistenza. Inizia così questo “La stanza di Swedenborg”, ovvero nel modo più suggestivo possibile, con un’atmosfera che è l’esatta descrizione dei contenuti che si andranno poi lentamente a scoprire nell’album intero. Questo progetto, ad opera del leader Morgan Bellini supportato da Stafano Parodi ed altri guest, fino ad oggi era poco conosciuto e l’emozione di ascoltare un disco di tale portata è davvero molta. Un album nel quale mille sfaccettature concorrono a creare un unico quadro di malinconica rassegnazione, dove ogni canzone si mostra come un piccolo quadro di un’unica galleria d’arte sonora.La title track è semplicemente favolosa, col suo andamento quasi circolare e un crescendo chitarristico che si scontra con effetti synth da capogiro. “Dole” echeggia la scuola di band come Jesu e Pelican, ma il suo impatto non stordisce, al contrario accarezza nella sua soave pesantezza. Le ottime “Giornata de oro” e “Floaters” regalano dolci delicatezze acustiche squarciate da soluzioni ‘sommerse’ di chitarra di stampo tipicamente shoegazing/dreampop. Infine la conclusiva “Good morning, Vanessa Van Basten” tramortisce i sensi con la sua atmosfera apocalittica, quasi a voler simboleggiare la chiusura del cerchio cominciato con l’iniziale dialogo posto all’inizio dell’album. Heavy post rock è il termine utilizzato per definire questo gruppo, un’etichetta che può essere effettivamente riassuntiva del carattere sonoro della band, ma al tempo stesso limitante per descrivere la grandezza di questo album.
Useremo più semplicemente la parola “arte”.

Marco Cavallini