TOADLIQUOR – The hortator’s lament

Dopo aver riportato alla luce i tesori nascosti dei Grief in “Turbulent times”, la Southern Lord continua nella sua opera di filologia sludge doom dando alle stampe “The hortator’s lament”, unico album esistente dei Toadliquor risalente al 1994, arricchito di tracce rare mai edite prima e selezionate dai componenti stessi dalle band.
C’è subito da dire che se già l’ascolto dei Grief presentava numerose difficoltà per la non facile accessibilità della proposta, con i Toadliquor il discorso è ancora più complesso: pur senza mettere in dubbio la natura di precursori di questo tipo di sonorità, digerire gli oltre 70 minuti di questo dischetto è un’impresa di non poco conto…i dodici brani qui presenti mostrano una vena oscura, ossessiva, slabbrata, portata fino all’eccesso da variazioni ritmiche praticamente inesistenti e da vocals filtrate tra l’urlato ed il parlato che infondono un ulteriore senso di soffocamento. Le chitarre sono pastose e insieme alla sezione ritmica ergono un muro sonico imponente ed impenetrabile.

Tra l’assoluta mancanza di melodia e la lunghezza dei pezzi portata all’eccesso gli unici attimi dinamici sono dati da alcune accelerazioni poste qua e là (ad esempio in “Tenderloin” e nella parte centrale di “Nails”, tra le migliori cose fatte sentire) e dal sapore melanconico e solenne donato all’album nella parte finale, complici l’ottima rielaborazione di “Also sprach Zarathustra” e l’atmosfera epica di “Tatterdemalion: the gladiators’ debasement before cain”. Per il resto non fanno altro che susseguirsi monoliti dalle cadenze ritmiche statiche e fuori dal tempo, a partire dallo sfinimento di “Charred” per giungere alle bizzarre ambientazioni della conclusiva title track.

Dunque, ennesimo rispolvero di materiale introvabile da parte della Southern Lord. Questa volta però l’ascolto è consigliato esclusivamente a chi sbava sentendo Grief, Eyehategod e Earth, gli altri ne rimangano lontani…

Alessandro Zoppo