CLUTCH – Live at the Googolplex

Il live album è un passo importante per ogni band che si rispetti. Questo momento fondamentale nella carriera di un artista giunge anche per i Clutch, uno dei gruppi più particolari ed originali in circolazione. La loro fusione di stili e registri differenti (dallo stoner al crossover, dal funky all’hardcore) li ha resi un fenomeno unico nel panorama sonoro odierno, senza contare gli enormi riscontri di pubblico e critica (“Pure rock fury” è stato proclamato disco del 2001 dall’illustre CMJ).
Questo “Live at the Googolplex” riassume il meglio della produzione dei Clutch, estratto dalle oltre 200 date che la band compie ogni anno in giro per il mondo. Tutto il repertorio viene eseguito con carica e potenza, soprattutto da due elementi fondamentali della formazione: il singer Tim Fallon, autentico uragano dalla voce straziante ed intensa (nonché autore di testi intelligenti, dissacranti, poetici e surreali), e il chitarrista Tim Sult, il quale strapazza la sua sei corde con riff granitici ed effetti stordenti. Ovviamente non va dimenticato il background composto dal basso slabbrato di Dan Maines e dal drumming selvaggio di Jean-Paul Gaster, una sezione ritmica di tutto rispetto.

Dall’inizio di “Who wants to rock?” fino alla conclusiva “The soapmakers” è un alternarsi di momenti tirati (l’hard rock robusto di “Sea of destruction” e “Immortal”, la furia di “Impetus” e “12 Oz. epilogue”) e divagazioni sorprendenti (basta ascoltare i dialoghi di basso e chitarra su “Careful with that mic…” o gli ipnotici giri dub delle due “Big news”). Peccato solo per “Spacegrass”, uno degli episodi meglio riusciti della discografia dei Clutch e qui purtroppo non presente.

Un disco che mostra la grande grinta del quartetto del Maryland, autore di performances spontanee, soavemente brutali e proprio per questo davvero eccitanti. Chi ha avuto modo di vederli dal vivo qui in Italia ne sa qualcosa…
And now, who wants to rock?

Alessandro Zoppo