MENDOZZA – HMCS Uganda

Strana band i Mendozza. Sono in tre (Deuce voce e chitarra, Bina batteria, Hank basso) e sembrano in venti. Non per amalgama o complessità ma per la pienezza del loro sound. Un heavy doom coriaceo, oscuro, tormentato. Mastodontico ed imponente come la nave HMCS Uganda che dà il titolo al loro promo d’esordio. Un disco di sette brani che picchia duro dall’inizio alla fine. Una mezz’ora scarsa di assalto sonoro che traversa varie sfaccettature del doom, sempre nel segno della potenza: Crowbar e Down da una parte, Wretched e The Obsessed dall’altra. In questo mare magnum spiccano le ritmiche ossessive della coppia formata da Bina e Hank, un ponte che sorregge il lavoro assatanato di Deuce, diviso tra riff grassi, assoli pungenti e vocals marce, dannatamente catramose. Qualche accenno melodico spunta solo nei chorus urlati ma a presa rapida di “Ground” e “Song 1”, il resto è carica violenta che colpisce ai fianchi, adeguatamente sporcata di metal e groove stoner di ovvia ascendenza sabbathiana. Qualche break in più (armonico o dilatato che sia) non avrebbe certo guastato, anzi. Ma per ora ci accontentiamo, attendendo il gruppo canadese alla prossima uscita, un full lenght di durata corposa. Fin qui ci accontentiamo di bordate secche e lancinanti (“Swarm”, “Inhaler”) o di matasse solide ed intricate, giusto compendio di gusto e sensibilità doom (la bellissima “Old sparky”, miglior brano dell’album). Velocità e compattezza, ecco cosa esprimono i Mendozza. La loro musica darà sicura gloria alla ciurma che sulla nave canadese ha perso la propria vita.
Alessandro Zoppo