Se dovessimo cercare qualcuno che esprime il disagio metropolitano, sempre mortalmente ripetitivo di decennio in decennio, cementificando il rock della prima metà degli anni 90 di Kyuss, Melvins, Helmet e Soundgarden sotto un lastricato di durezza sonora paranoica e ineluttabile, allora la scelta ricadrebbe sui Choriachi.Escapismo, droghe, decadente inurbazione, pubblicità vintage ingannevole, sfinimento cerebrale… un cocktail di concretezza e paradisi artificiali che accerchia questo gruppo di freak-stoners bolognesi, nato dalle menti contorte (ma creative) di Luke, Valzilla e Slim che trovano il giusto vocalist in Phil nel 2006, nonché una delle formazioni principali della Cyniclab, etichetta che si contraddistingue per lo scandaglio abrasivo e arcaicamente futuribile delle sonorità heavy-psych. Per fortuna i Choriachi non difettano di autoironia e mantengono sempre il controllo della situazione, cosicchè il loro mix di raw sound, isteria e sarcasmo li porta a sfornare un album di tutto rispetto, che tra sorsi di sottomarche di whisky e interminabili sedute di film di Di Leo e Paolella (riguardatevi il capostipite del filone nuns “le Monache di Santarcangelo” per capire), scorre con la stessa grazia di un cingolato in corsa tra periferie piene di liquami.
“Spacemud”, “Just A Boy” e “Dogs” affogano tra rabbia, pillole di fango e disperazione i vecchi idoli del duro rock indipendente, mentre “Galaxy 999” è un paranoide strumentale space-psych guidato dall’ottima chitarra di Luke. “Pink Flaming Goes” gode di bellissimi chorus sul brecciato tappeto di riff, e “Cockmother’s Blues” tritura a dovere il rumore sudista di Daddy Longhead e Corrosion of Conformity con asprezza e acredine metal-punk, così come “V8”, esemplare da questo punto di vista.
E se forse “RGB = Plastic Rainbows” non va oltre una tufacea versione dei Kyuss, non possiamo che applaudire al lirismo interiore di “Motor De Chora”, e al devastante viaggio psycho di “Mental Travellers” talmente lisergico da rimanerci sotto. Le prime copie al tabasco sono andate esaurite ma non fa nulla, il vinile è davvero una figata col suo artwork di fumetti e spot trash d’antan.
Roberto Mattei