Ma quanto sono folli questi Cooters! Il loro secondo cd (purtroppo recensito con notevole ritardo rispetto all’anno d’uscita, il 2002) si presenta subito come un prodotto fuori da ogni canone e logica: artwork al limite del trash, nomignoli di discutibile gusto come Judas Cooter (il batterista Mike Namorato), Raw Cooter (il chitarrista Gentry Webb) e Neutre Cooter (il bassista Newt Rayburn), e un sound che spiazza dal primo all’ultimo pezzo.
E già, perché questi tre pazzi provenienti dal Mississippi mischiano con grande disinvoltura e perizia tecnica generi tra loro distanti come il metal, il jazz, il noise, il garage, lo stoner ed il punk, il tutto unito ad un’ampia dose di simpatia e attitudine “cazzona” che non guasta mai. Si potrebbe sintetizzare il loro disco attorno ai due pezzi centrali della tracklist: “Soul food” ha un groove devastante e tanti cambi di tempo e d’atmosfera che richiamano alla mente il lavoro schizzato dei Primus; “Dare to defy” procede lenta e ambigua per poi esplodere in crude deflagrazioni sonore che sembrano uscire da un disco dei Clutch.
Il resto del cd invece è basato su pezzi più brevi ed esagitati, prevalentemente strumentali e incentrati su riff taglienti o bizzarrie varie (una malata conversazione telefonica presente in “Unclaimed forniture” ne è ottimo esempio). Vocals urlate ed animalesche appaiono di tanto in tanto (“Purge”, “Punch yer neighbor”, “The Cooter theme”), mentre ciò che colpisce per tutta la durata del dischetto è la maestria dei tre nel saper fondere così facilmente vari stili senza provocare bruschi contrasti o accozzaglie senza alcun senso.
Tanto coraggio e un carattere così sarcastico vanno premiati, con tanta gente che si prende troppo sul serio al giorno d’oggi band come i Cooters sono ventate d’aria fresca…
Alessandro Zoppo