“Hey, Steve, ho visto che con gli Afghan Whigs picchi sulle pelli come un dannato, ti andrebbe di suonare qualcosa di esplosivo insieme ad altri tre folli di mia conoscenza?”. Più o meno deve essere stata questa la proposta fatta da Dandy Brown (schizzato genio che abbiamo avuto modo di ammirare quest’anno alle prese con il folk-rock desertico dell’Orquestra del Desierto) a Steve Earle per coinvolgerlo nel progetto Hermano.
Da questo primo asse è arrivato poi il reclutamento di Dave Angstrom (chitarrista nonché voce dei superbi Supafuzz), del giovane spaccatimpani Mike Callahan (ascia dei Disengage) e di un certo signor John Garcia, che è inutile presentare come come ugola d’oro di Kyuss, Slo Burn e Unida se non fossimo su un portale che si occupa di stoner rock..
Solo dall’incontro di cinque menti così estroverse e mastodontiche poteva nascere un album del genere: “…Only a Suggestion” è un disco pazzesco, merito della perfezione formale di tutti i brani presenti, otto schegge impazzite che in mezz’ora scarsa riescono ad abbattere la barriera del suono, a volare alto oltre l’infinito, a coinvolgere totalmente l’ascoltare che si ritrova immerso in un mondo catarticamente illimitato e senza alcun confine.
L’Ohio River Valley dev’essere stata un’ottima fonte d’ispirazione per la band, riuscita nell’impresa di condensare in pochi attimi emozioni che nessun’altro saprebbe ugualmente distillare: l’iniziale “The Bottle” è emblematica al riguardo, ricca com’è di chitarre piene di fuzz e distorsioni, ritmiche martellanti (per certi versi viene da pensare ai Corrosion of Conformity di “Deliverance”) e vocals da brividi lungo la schiena, ma ormai Sua Maestà Garcia ci ha abituato ad emozioni del genere, come aspettarsi qualcosa di brutto dalla sua timbrica così calda e aggressiva?
Le sonorità fanno viaggiare a mille lungo polverose highway dove il sole batte forte, l’ululato dei coyote ispira sensazioni raggelanti e il brusco sapore del peyote espande la mente fino a toccare paradisi placidi e lisergici. La successiva “Alone Jeffe” fonde alla perfezione il verbo “kyussiano” con alcuni frammenti melodici cari a certi Soundgarden, soprattutto nei lancinanti assoli delle due sei corde (Callahan è una vera e propria scoperta, Angstrom è invece un astro sempre più splendente), mentre “Manager’s Special” è stoner rock all’ennesima potenza, un trip lungo i sentieri selvaggi solcati dagli Unida con dei dialoghi di chitarra acidamente pachidermici.
“Senor Moreno’s Introduction” apre la strada a “Senor Moreno’s Plan”, episodio di fuzz rock devastante condotto con illuminante maestria del drumming incisivo di Steve Earle, dalle intricate linee di basso di Dandy Brown e (come al solito…) dalla superba prestazione di Garcia dietro al microfono, un vero vulcano in preda ad eruzioni che toccano corde tanto emotive quanto trascinanti.
Nonostante tutto questo splendore è la doppietta di pezzi seguente a segnare l’apice compositivo del disco: “Landetta (Motherload)” inizia con un incedere cadenzato capace di introdurre magistralmente il chorus stellare cantato alla perfezione da John, per poi concludersi in maniera dilatata e psichedelica tramite una coda melliflua, completata da un assolo di chitarra ficcante quanto basta. “5 to 5” è allo stesso modo un gioiello che brilla accecante, incanalando in appena tre minuti iniezioni di desert rock, hard settantiano e ritmi percussivi allucinanti, merito di uno Steve Earle in assoluto stato di grazia. Il finale spetta a “Nick’s Yea”, track dai modi hendrixiani evidenti nelle chitarre infuocate di Mike e Dave, ma impreziosita a dovere dalla voce mostruosa di John, dalla batteria sempre pungente di Steve e dal basso pastoso di Dandy. Insomma, migliore conclusione non si poteva chiedere.
È inutile, quando cinque talenti di tale portata si uniscono non può che venirne fuori un risultato eccezionale e questo dischetto solo in questo modo può essere definito. Non preoccupatevi, finito l’ascolto purtroppo ritornerete alla realtà: d’altronde è stata solo una suggestione, vero?
Alessandro Zoppo