Citando il bellissimo album del 1968 del guru psichedelico inglese Arthur Brown, torna il libero collettivo freak dei Freeks. Quarto album di una discografia iniziata nel 2008, il nuovo Crazy World segue le orme del predecessore Shattered e si fonda su una line-up solida, che ruota intorno non solo al talentuoso Ruben Romano (già batterista di Nebula e Fu Manchu, qui alla chitarra) ma vede compartecipi alla scrittura Jonathan Hall (Angry Samoans, voce, chitarra e basso), Esteban Chavez (tastiere e synth), Ray Piller (basso) e Bob Lee (batteria).
Come si intuisce, il gruppo è libero di spaziare tra i generi e sottogeneri del rock psichedelico ma non solo. Prendiamo l’interludio Take 9: puro acid rock from the West con un sapore moderno che ride beato alla musica lounge così come potrebbero suonarla i divertenti Combustible Edison.
American Lightning e Easy Way Out sono rock and roll nudi e crudi che stanno disegnando a poco a poco lo stile riconoscibile della band, fatto di piano furioso e riff anfetaminici, così come Hypnotize My Heart è totalmente desert session e riporta alla mente il primo omonimo disco, dove si innestavano interventi di cosmonauti del calibro di John McBain e Mario Rubacalca.
Anche stavolta i featuring sono tanti e preziosi: Ray Hanson (Thee Hypnotics), Glenn Slater (The Walkabouts e Wellwater Conspiracy) e Sara Loera, modella e cantante, qui ai controcanti. C’è una conoscenza e coscienza di tutto il miglior desert rock degli ultimi vent’anni: Mothership to Mother Earth riporta alla mente l’Orquesta del Desierto, dove gli arrangiamenti sono scritti prevalentemente con strumenti acustici (ad oggi sembra che proseguano l’intuizione solo El Festival de los Viajes) e c’è spazio per un omaggio a PJ Harvey con This is Love, ruvida, irrobustita e leggermente straniante, per il fatto di sentir cantare quel testo a Ruben…
Otto pezzi belli e incandescenti: spazio ai Freeks, la normalità è noiosa!
Eugenio Di Giacomantonio