Ed ecco finalmente arrivare “Redundance”, il debutto alla lunga distanza per il sestetto milanese dal particolare monicker The Disgrazia Legend. Formatisi nel 2003, esordiscono soltanto ora con un disco compatto e ben suonato che sembra uscire dritto dai ’90 viste le forti influenze post hardcore e noise. Si parte subito mostrando (sterilmente) i muscoli con l’accoppiata “Men Beside Men” e “Set Me Free, Burst Me to Flame”, per poi sciorinare momenti mathcore con “The Death of Alida Valli”. “Give Me Your Palm” è quella che più di tutte ci riporta indietro nei 90: echi di mostri sacri come Drive Like Jehu, Unwound e Hoover si sentono lungo tutti i 7 minuti e passa del brano. Cosa che fa in parte anche “The Locked Rooms” in chiusura, seppur con un piglio più epico e melodico. Tra gli unidici brani del disco risalta anche “Words – C’est l’amour Fol”, con il suo farsi più rarefatta, assumere toni malinconici e onirici assenti in tutto il resto dell’album. Un unico arpeggio sonnolento e aggraziato che si ripete stancamente fino a perdersi in un leggero feedback. Per una manciata di canzoni valide, la maggior parte tendono purtroppo a restare nell’anonimato, facendo sì che nonostante si intravedano delle ottime capacità compositive “Redundance” risulti spesso troppo derivativo e privo di personalità. Fiducia, attendiamo il secondo capitolo.
Giuseppe Aversano