Ci vorrebbe una vita per raccontare la storia dei Not Moving e di Dome La Muerte (in parte è stato fatto da Dome stesso nella bella biografia Dalla parte del torto, scritta a quattro mani con Pablito el Drito) e di tutti quei progetti in cui si è imbarcato il nostro.
Per rimanere in attualità strettissima ricordiamo le puntate su OttolinaTv (“la Tv dei Boomer alla conquista dell’Internet”) in cui Dome si apre senza filtri ai telespettatori, dimostrando una conoscenza diretta del rock’n’roll degli ultimi cinquanta anni davvero notevole e una nobiltà d’animo senza precedenti.
Ma tornando al dischetto in questione, questo Live in the Eighties dei Not Moving, siamo al cospetto di una fotografia storica del miglior punk rock del Belpaese, già evocata dalla Go Down con un’uscita celebrativa ai tempi della prima reunion.
È una band zozza, putrida, consumata, quella che esce fuori dai solchi. La stessa miscela di mid Sixsties punk, psichedelia acida, rock’n’roll delle origini che ha nutrito menti malate come Rudi Protudi e Lux Interior. Qui la vediamo colpire tra i vicoli di Pisa, nello stesso periodo. E quello che ne viene fuori è una band folle, spericolata, loser fino al midollo.
Riascoltare oggi queste registrazioni ci fa venire in mente che la band fa del rock la sua ragione e forma di vita. Tutti treni in corsa i pezzi: guidati dalla chitarra fuzzosa di Domenico e dal drumming serrato di Tony Face, colpiscono allo stomaco in maniera dura, con lo sguardo torvo e attitudine no compromise.
C’è anche il tempo per ringraziare i numi tutelari che in questo caso e per pura coincidenza sono Rolling Stones, The Doors, Willie Dixon e Elvis Presley. Ma immaginiamo che in quegli anni i Not Moving infiammassero il pubblico con l’interpretazione violenta dei propri pezzi, in una decade decadente in cui synth e capelli cotonati andavano per la maggiore.
Lunga vita a Dome!
Eugenio Di Giacomantonio