Se si riuscisse ad aprire un piccolo foro verso l’inferno in modo da poter sentire il suono dell’oscurità, sicuramente ne uscirebbe il riff iniziale di “I, The Witchfinder”, traccia numero cinque di Dopethrone degli Electric Wizard. Il Male ha un suo passo, questo disco ne è la colonna sonora.
La chitarra di Jus Oborn è così distorta da oscurare la luce e il basso di Tim Bagshaw è così pesante da trascinare sei piedi sottoterra, da questa buia crepa della psiche il mondo non può che diventare una “Funeralopolis” pronta per essere distrutta dai massicci giri che accompagnano la descrizione del pianeta funereo. Ormai la lucidità non serve, la prima traccia ci ha legato alla nera droga del nero dio a cui è dedicata questa marcia del male.
Le maligne note ci annebbiamo la mente, il cammino è scandito dal ritmo che si fa incalzante. Che si tratti di un barbaro alla ricerca di teste su cui abbassare la spada o di un inquisitore a caccia di streghe, ormai l’obbiettivo è uccidere e avere vendetta dell’odio che questo nero mondo ci ha lasciato.
“Barbarian”, “I, the Witchfinder” e “We Hate You” sono il riuscitissimo perno del disco, c’è spazio solo per la conclusione con la title track. Cos’è Dopethrone? La risposta è chiara: profezia del Dope Priest, visioni attraverso il THC, neri amplificatori che oscurano il cielo. Otto stupende canzoni dall’inferno.
Cosa lascia Dopethrone? La lucida visione di un universo oscuro, in cui non resta che chiudere le note nel libretto con una sola frase: “legalize drugs and murder”.
Federico Cerchiari