«Disteso sul letto al buio, vigile ma stanco e sfiduciato, vorrei esser lontano, non pensare… Allora metto su una cassetta, sì proprio la anacronistica cassetta color viola sulla scrivania, quella con impressa l’immagine di un demone greco dagli occhi di fuoco… Parte la registrazione, chiudo gli occhi e ascolto, attento. Inizia il viaggio, un onirico notturno viaggio cosmico… Non so dove mi trovo, non so dove sto andando, ma sto bene».Scozzesi di Glasgow, i prolifici Cosmic Dead escono nell’estate 2012 con “The Exalted King”, pubblicato in cassetta dalla Dub Pitch Picnic, album costituito da tre sole e lunghe tracce per complessivi settanta minuti di pura Kosmische Musik; sì, avete capito bene, siamo di fronte ad un disco di puro kraut rock, e di quello più dilatato, disteso, spaziale, come se i nostri bravi scozzesi avessero voluto reinterpretare l’omonimo album d’esordio dei mitici Ash Ra Tempel di Manuel Gottsching e Klaus Schulze (ve le ricordate “Amboss” e “Traummaschine”?).
Non c’è più spazio per influssi stoner o anche solo per architetture sonore definite, qui è pura improvvisazione, jam session intrise di oscura psichedelia alla Hawkwind, drone e progressioni degne dei migliori “Cosmic Couriers” di krautrockiana memoria, appunto. I 34 minuti della title track sono una folgorante cavalcata nello spazio interstellare, un autentico trip sensoriale in continuo crescendo; segue “Anatta”, un viaggio ancora più oscuro e claustrofobico, prima della conclusiva “Anaphora”, in forza della quale possiamo finalmente dire “sì, ci siamo persi nel vuoto cosmico e sì, non vogliamo uscirne”.
Un disco del genere nel 2012 è quanto meno sorprendente e molto difficile all’ascolto, ma rispettoso degli stilemi e delle sonorità che furono propri del kraut rock cui si ispira. Chi ha amato quella musica, non potrà non apprezzare “The Exalted King”.
Alessandro Mattonai