The Incredulous Eyes – Mad Journey

Parte da un presupposto molto articolato Mad Journey, il nuovo album del gruppo abruzzese The Incredulous Eyes. Un biologo molecolare di nome Ken, nel tentativo di trovare una cura per il cancro, si imbatte in visioni allucinate che lo porteranno a conoscere l’alieno Kaef. Suicidi collettivi, anime in pena e ricerca interiore ci accompagnano nel viaggio di questo strano concept album.

Musicalmente il quarto album della band (qui a bottega li seguiamo dai tempi di Here’s the Tempo e Red Shot) è nel solco della scrittura matura di Danilo Di Nicola, voce e chitarra, che compone in una combinazione riuscita prima intuizione “di pancia” e poi ripulisce e media attraverso le sintesi successive, sfinendo il prodotto finale. La sua Jaguar è sempre tagliente e riesce a costruirsi percorsi diagonali ed imprevedibili.

Si hanno accenti Sonic Youth in Kaef – dove l’extraterreste si presenta in prima persona – e si sente l’odore di Lee Ranaldo in Deeper Inside, che con i suoi saliscendi rappresenta il pezzo più riuscito del lotto.

Vision of Halet è un’eccezionale traccia space rock (primo pezzo in tale direzione, pare di ricordare) che lascia la briglia sciolta ai musicisti, così come la title track serra i ranghi dentro una schizofrenia post, vero marchio di fabbrica dei nostri.

La destrutturazione sembra disgregare in particelle finissime nei casi di Insane Holograms e Nobody Must Die (una deliziosa citazione di Frank Sinatra come intro!), che sembrano da un momento all’altro perdersi in un vapore sonoro impalpabile.

La fantasia ludica aliena dei Man or Astro-man? torna a farci visita in Dalik’s Aggression – Guilty e mirabile risulta il cantautorato moderno di So Long, June e dell’opener Cells.

Finale dolcissimo che ti abbraccia e ti avvolge con il dittico Goodbye My Friend (Dan Sartain è qui, inaspettatamente) e Brother John. Siamo umani, rimaniamo umani: siamo frangibili ed imperfetti.

Eugenio Di Giacomantonio