Gli Space Paranoids sono il respiro delle nostre Alpi. Seguono il corso dei rii, risalgono i passi in quota, godono dei pochi animali selvaggi che vengono a far loro visita. La loro musica, come accade in Badlands Ride, si nutre di elementi puri e quello che giunge a noi ascoltatori è un distillato esemplare di questo amore verso la natura d’alta quota.
Giunti al quarto album in poco più di dieci anni dalla formazione, hanno affilato il proprio songwriting, crescendo di anno in anno dai tempi di The Eternal Rambler e High Tales. Sono evidenti le influenze dello stoner vitaminico e roccioso di Orange Goblin, Clutch, 7Zuma7 ed ovviamente Kyuss, ma il ventaglio dell’espressione artistica si è allargato.
Qualcosa gira intorno agli Yawning Man come Poison and Delight, con il suo ritmo rilassato e jammato, mentre qualcos’altro punta a riscoprire gli ascolti giovanili di grunge e new wave. Non male per una band che passo dopo passo è riuscita a costruirsi uno stile personale, affrancandosi dai meri cloni che popolano il genere heavy psych.
Dimostrano anche di avere una passione verso le gemme sotterranee della musica underground italiana: riscoprono e riattualizzano Dopo l’uragano degli Alphataurus, band milanese che nel 1973 diede alle stampe il suo primo album omonimo, una sorta di concept legato a tematiche di caduta e redenzione attraverso l’uso di droghe pesanti.
Sentire Simone cantare in italiano produce una piacevole sorpresa: sposta in un attimo tutta l’estetica dell’album, facendolo piombare all’interno della migliore tradizione di musica rock nazionale, quella del nostro prog storico appunto.
Ma a ben vedere tutto l’album gode di questi sapori, profumi, emozioni: la mescolanza tra antico e moderno, tra l’immobilità apparente della roccia e la velocità del pensiero creativo, genera canzoni preziose come l’amanita caesarea, sempre più difficile da trovare. L’edizione in vinile è disponibile nello shop di Karma Conspiracy Records.
Eugenio Di Giacomantonio